8 ott 2011

Pablo Neruda "Torna l'autunno"

Un giorno vestito a lutto cade dalle campane,
come un trepido tessuto vagamente di vedova,
è un colore, un sonno
di ciliege affondate nella terra,
è uno strascico di fumo che giunge senza tregua
a mutare il colore dell'acqua e dei baci.
Non so se mi capite: quando dall'alto
si avvicina la notte, quando il solitario poeta
ode alla finestra correre il corsiero dell'autunno
e le foglie della paura calpestata crepitano nelle sue arterie,
c'è qualcosa nel cielo, grosso come una lingua
di bue, qualcosa nel dubbio del cielo e dell'aria.
Tornano le cose al loro posto,
l'avvocato inevitabile, le mani, l'olio,
le bottiglie,
tutti gli indizi della vita: i letti, soprattutto
sono pieni di un liquido cruento,
la gente affida i segreti a loschi orecchi,
gli assassini scendono scale,
ma non è questo, è il vecchio galoppo,
il cavallo del vecchio autunno che trema e dura.
Il cavallo del vecchio autunno ha la barba rossa
e la bava della paura gli copre le mascelle.
e l'aria che lo segue è simile all'oceano
e profuma di un vago marciume sotterrato.
Tutti i giorni scende dal cielo un colore di cenere
che le colombe devono spartire sulla terra:
la corda che l'oblio e le lacrime intrecciano
il tempo che ha dormito lunghi anni nelle campane,
tutto,
i vecchi abiti tarlati, le donne che vedono venire la neve,
i papaveri neri che nessuno può contemplare senza morire,
tutto cade tra le mani che sollevo
in mezzo alla pioggia.

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