L'INTERVISTA A VENDITTI DEL 2001:Venditti, sono passati 21 anni da quel concerto, 20 dalla morte di Marley: cosa ricorda di quei giorni? «Sicuramente una grossa emozione: la sera prima del concerto, incontrai Bob Marley in ascensore. Casualmente, alloggiavamo nello stesso albergo di Milano. Lui, senza sapere neppure chi fossi, mi invitò alla festa che la casa discografica aveva allestito per lui. Così, mi ritrovai di fronte a una torta immensa, a fianco di una star che in realtà faceva di tutto per non essere tale».
Poi nacque "Piero e Cinzia", rimasta un po' come il romanzo in musica di quella magica notte a San Siro...
«La canzone è una storia vera. Piero, giovane meccanico di Roma, assomigliava a Marley: aveva i capelli dei rasta, fumava marijuana. L'ho conosciuto la mattina dopo il concerto. Mi ha chiesto un passaggio in macchina, al casello dell'autostrada e nel viaggio fino a Roma mi ha raccontato di Cinzia. Erano arrivati insieme a Milano, per Marley. Ma una volta a San Siro lei si era dileguata nella folla, lasciandolo in lacrime».
Gli ingredienti giusti per una canzone di successo...
«In realtà ho impiegato quattro anni a scrivere il brano. Avevo la storia in testa, chiarissima. Ma sembrava impossibile raccontarla. Il pezzo è uscito nell'album "Cuore" e due anni dopo ho rivisto Piero: grazie a quella canzone Cinzia aveva deciso di tornare con lui».
Il concerto di Marley ha aperto anche una nuova stagione musicale nell'Italia di quegli anni.
«Vero. Fu il primo concerto totale: c'era gente venuta da Palermo, da Napoli. La musica non si sentiva benissimo ma il clima era stupendo, di grande energia. Girava anche molta "erba": quel concerto era una sorta di grande canna. Comunque, un evento indimenticabile di cui ho voluto conservare anche il biglietto». La musica di Marley cosa rappresentava per lei, cantautore? «Bob, per me, era lo Springsteen diverso. Mi colpiva il suo amore per il calcio, inteso come gioco di liberazione politica. Come uscita dal ghetto. In questo, credo che io e lui siamo molto vicini. Una cosa, però, mi spiace...».
Quale? «Che nessuno abbia raccolto la sua eredità. Neppure quelli che suonavano con lui»Poi nacque "Piero e Cinzia", rimasta un po' come il romanzo in musica di quella magica notte a San Siro...
«La canzone è una storia vera. Piero, giovane meccanico di Roma, assomigliava a Marley: aveva i capelli dei rasta, fumava marijuana. L'ho conosciuto la mattina dopo il concerto. Mi ha chiesto un passaggio in macchina, al casello dell'autostrada e nel viaggio fino a Roma mi ha raccontato di Cinzia. Erano arrivati insieme a Milano, per Marley. Ma una volta a San Siro lei si era dileguata nella folla, lasciandolo in lacrime».
Gli ingredienti giusti per una canzone di successo...
«In realtà ho impiegato quattro anni a scrivere il brano. Avevo la storia in testa, chiarissima. Ma sembrava impossibile raccontarla. Il pezzo è uscito nell'album "Cuore" e due anni dopo ho rivisto Piero: grazie a quella canzone Cinzia aveva deciso di tornare con lui».
Il concerto di Marley ha aperto anche una nuova stagione musicale nell'Italia di quegli anni.
«Vero. Fu il primo concerto totale: c'era gente venuta da Palermo, da Napoli. La musica non si sentiva benissimo ma il clima era stupendo, di grande energia. Girava anche molta "erba": quel concerto era una sorta di grande canna. Comunque, un evento indimenticabile di cui ho voluto conservare anche il biglietto». La musica di Marley cosa rappresentava per lei, cantautore? «Bob, per me, era lo Springsteen diverso. Mi colpiva il suo amore per il calcio, inteso come gioco di liberazione politica. Come uscita dal ghetto. In questo, credo che io e lui siamo molto vicini. Una cosa, però, mi spiace...».
Nessun commento:
Posta un commento