sotto quest’albero gigante dove la brezza muore
in sospiri ineguali sotto le grigie fronde
che il pallido e dolce chiaro di luna carezza.
Immobili, chiniamo lo sguardo sulle ginocchia.
Più non pensiamo, sogniamo. Lasciamoli perdere,
la felicità in fuga e l’amore che si consuma,
e i nostri capelli sfiorati dall’ala dei gufi.
Dimentichiamo di sperare. Discreta e contenuta,
l’anima d’ognuno di noi due prolunghi
questa calma e questa morte serena del sole.
Restiamo silenziosi nella pace notturna:
non è bene disturbare nel suo sonno
la natura, questo dio feroce e taciturno.
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