22 mag 2010
Ho appena letto queste parole di Pastorin, nel sito "il razzismo è una brutta storia"
Bambini"
La strada era di pietre e polvere e sogni.
Una strada stretta, con in fondo la chiesa con il campanile.
Una strada normale di un grande quartiere di San Paolo del Brasile.
Metà Anni Cinquanta.
Io ero l'italiano, poi c'erano gli altri miei amici: ebrei e musulmani, mulatti e giapponesi, polacchi e coreani.
Passavamo i pomeriggi a giocare, tutti insieme.
Con il pallone, soprattutto.
A volte era una palla davvero speciale: di stracci legati assieme, di plastica (e anche leggermente sgonfia), una lattina, una bottiglietta di plastica.
Che bei giorni! Tutti a correre, a ridere, a inseguire il nostro futuro.
E niente contava il lavoro e le idee politiche dei nostri padri, la nostra pelle,la nostra religione.
Eravamo bambini, uguali e felici.
Poi, arrivava il momento dell'aquilone.
Colorato, volava così in alto da sedersi sopra le nuvole.
Quante risate, quante corse e rincorse: da non poterne più!
E che bello mangiare i cibi del mondo.
Mia mamma, veronese, faceva la polenta,il bollito con la pearà.
La domenica, tutti intorno alla radio ad ascoltare le partite:
io tifavo per il Palmeiras,che un tempo si chiamava Palestra Italia.
E la sera, aspettavamo di vedere in tv le imprese di Roy Rogers,
il cowboy con la chitarra.
Eravamo bambini.
E fin da bambini,
io e i miei amici abbiamo capito una cosa.
Importante:
che il razzismo fa schifo.
Ma schifo veramente
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