Vorrei che si alzassero in volo senza paura
e
per un istante il respiro del mondo
si fermasse a guardarle
svuotando il
potere delle portaerei,
solo porgendo le mani.
Non sappiamo più nemmeno
consolare
per l’assuefazione alle tragedie.
Il popolo è stanco, il suo
canto stonato
ma la terra trema ancora oltre la speranza
degli orologi
rotti.
Sopra ogni cosa i lamenti di queste figlie e
questi figli comuni e
mortali come ogni persona
ci spiegano il furore
dell’ultima madre terra
che ci resta.
Il labirinto della sorte lascia le sue ferite
mentre
facciamo la nostra donazione
in pausa pranzo, onestamente
pensando che da
qualche parte arrivi
quel gesto, attraverso un corpo
vero, in carne e ossa
e cuore palpitante.
Ma c’è il sole oggi.
Non è per cinismo che scendiamo
in strada.
È per andare incontro a una profezia
che non ci
appartiene.
Eppure in questa umanità smarrita
senz’anima e senza
nome
ciò che sappiamo spartire
è l’Aquila che tenta di volare
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