Ed infine, Luciano Liggio l'assassino, che diverrà uno degli uomini più potenti di "Cosa Nostra". Con l’omicidio di Placido Rizzotto e di decine di altri dirigenti sindacali e della sinistra, con la strage di Portella della ginestra, si evidenzia quel ruolo della mafia al servizio delle forze politiche e sociali reazionarie, interne e internazionali, che rappresenta una delle ipoteche più gravi nella storia della Sicilia e del paese.E’ un nodo che, in forme nuove, si ripropone ancora oggi.Ricordiamo, dunque, il sacrificio di Placido Rizzotto come una pagina essenziale della storia del movimento operaio italiano,che ha unito impegno antimafioso e mobilitazioni per i diritti sociali. .
Voglio aprire una parentesi,infatti questa notizia di Placido arriva proprio nel giorno della sentenza con cui la Cassazione ha annullato la richiesta di condanna di Dell'Utri per concorso esterno in associazione mafiosa...Questo ci dice che i tempi non sono cambiati e che l'Italia borghese è ancora incapace di resipiscenza davanti al suo carattere classista. Perciò, ogni tanto l'inqiuetante ombra di una Magistratura asservita al potere aleggia sui cieli dell'Italia antidemocratica per avvisarci che non c'è ancora posto per la giustizia vera,quella che non guarda in faccia a nessuno perché,secondo la canonica di questa sovrastruttura borghese,sarebbe uguale per tutti! Dico "sarebbe" perché non si può non ricordare che la Magistratura è sempre stata platealmente asservita al regime di turno.A quello democristiano prima a quello Berlusconiano dopo.....E le conseguenze sono queste!!!!
PLACIDO RIZZOTTO (LA STORIA)
Placido Rizzotto era nato a Corleone, in Sicilia, nel 1914. Rimasto orfano di madre da piccolo dovette lasciare la scuola per mantenere la famiglia dopo l’arresto del padre, accusato ingiustamente di associazione mafiosa. Durante la Seconda guerra mondiale combatté in Carnia, in Friuli, e dopo l’8 settembre si unì ai partigiani della Resistenza; tornò in Sicilia a guerra finita. Qui divenne presidente dei combattenti dell’ANPI, l’associazione dei partigiani, si iscrisse al Partito Socialista Italiano e divenne sindacalista della CGIL. Rizzotto cercò di convincere i contadini a ribellarsi al sistema di potere della mafia, che possedeva gran parte della terra, opprimeva i lavoratori e li assumeva soltanto su raccomandazione e per motivi nepotistici: li guidò nell’occupazione delle terre gestite dalla mafia e nella distribuzione dei terreni incolti alle famiglie oneste. La mafia tentò di isolarlo e lo minacciò più volte, Rizzotto proseguì nelle sue lotte e continuò a guidare il movimento contadino di occupazione delle terre, diventando anche segretario della Camera del lavoro di Corleone
Rizzotto sostenne con forza i Decreti Gullo, che imponevano l’obbligo di cedere in affitto alle cooperative contadine le terre incolte o malcoltivate dei proprietari terrieri. Uno dei terreni che vennero assegnati alle cooperative apparteneva a Luciano Liggio, all’epoca giovane mafioso di Corleone che negli anni Cinquanta si affermò come uno tra i più sanguinosi boss della mafia. La mafia decise di reprimere i tentativi di rivolta dei contadini e il primo maggio del 1947 sparò contro duemila persone – soprattutto contadini – che manifestavano contro il latifondismo a Portella della Ginestra. Undici persone furono uccise, ventisette restarono ferite, negli anni sulla strage si fecero molte altre ipotesi e riflessioni relative agli interessi di chi, oltre la mafia, poteva voler reprimere le rivolte. La situazione di Rizzotto divenne sempre più difficile, peggiorata anche dal cattivo rapporto con Liggio: Rizzotto lo aveva umiliato pubblicamente sollevandolo durante una rissa scoppiata tra ex partigiani e uomini del boss mafioso Michele Navarra – a cui Liggio era affiliato – e appendendolo all’inferriata della villa comunale.
Il 10 maggio del 1948 Rizzotto, che aveva 34 anni, venne attirato in un’imboscata da Pasquale Criscione, un compagno del sindacato fedele a Navarra, e venne rapito e ucciso nella campagna di Corleone. La CGIL proclamò uno sciopero generale. Giuseppe Letizia, un pastore di 13 anni, assistette al suo omicidio di nascosto ma venne scoperto e fu ritrovato il giorno dopo dal padre, mentre delirava. Questi lo portò nell’Ospedale dei Bianchi, diretto da Navarra, dove il ragazzo, sempre delirante, parlò di un contadino assassinato durante la notte e venne curato con un’iniezione. Morì pochi giorni dopo per tossicosi, molto probabilmente avvelenato su ordine di Navarra.Le indagini sull’omicidio di Rizzotto vennero condotte dall’allora capitano dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa e portarono all’arresto di Vincenzo Collura e Pasquale Criscione, che confessarono di aver rapito Rizzotto insieme a Luciano Liggio. Collura raccontò anche che Liggio aveva gettato il corpo di Rizzotto nelle foibe di Rocca Busambra, dove il 7 settembre 2009 sono stati trovati i resti riconosciuti come quelli di Rizzotto confrontandone il DNA con quello del padre, morto da tempo e riesumato. Criscione e Collura ritrattarono la confessione durante il processo e furono assolti per insufficienza di prove.
Ritrovati i resti di Placido Rizzotto
sindacalista ucciso dalla mafia nel '48.L'esame del Dna ha confermato che lo scheletro rinvenuto in una foiba di Roccabusambra, a Corleone, appartiene al dirigente della Cgil che si batteva per i diritti dei contadini(Repubblica)
sindacalista ucciso dalla mafia nel '48.L'esame del Dna ha confermato che lo scheletro rinvenuto in una foiba di Roccabusambra, a Corleone, appartiene al dirigente della Cgil che si batteva per i diritti dei contadini(Repubblica)
Il Dna lo hanno estratto da una tibia dello scheletro trovato in una foiba di Roccabusambra, a Corleone, accanto a una cintura e a una moneta di 10 centesimi coniata negli anni Venti. A 64 anni dalla sua scomparsa la polizia scientifica di Palermo è riuscita ad attribuire a Placido Rizzotto, il sindacalista della Cgil ucciso dalla mafia il 10 marzo del 1948, alcuni resti ossei ritrovati nel 2009 proprio nel posto in cui il cadavere di Rizzotto venne gettato dal boss di Corleone Luciano Liggio.
Una scoperta eccezionale dopo anni di appelli da parte della famiglia Rizzotto, che ha chiesto di far luce sulla scomparsa dei resti che erano stati recuperati nel 1949 durante le indagini condotte dal giovane capitano dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa. "A Corleone - ha più volte ribadito il nipote di Rizzotto, che porta lo stesso nome del sindacalista - i mafiosi hanno tutti una tomba nel cimitero. Placido Rizzotto ancora no". Il Dna estratto dai resti ritrovati a Corleone è stato comparato con quello del padre di Rizzotto, Carmelo, morto anni fa. La compatibilità, dopo mesi e mesi di studi di laboratorio, ha dato ragione all'ipotesi avanzata dalla polizia.
Una scoperta eccezionale dopo anni di appelli da parte della famiglia Rizzotto, che ha chiesto di far luce sulla scomparsa dei resti che erano stati recuperati nel 1949 durante le indagini condotte dal giovane capitano dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa. "A Corleone - ha più volte ribadito il nipote di Rizzotto, che porta lo stesso nome del sindacalista - i mafiosi hanno tutti una tomba nel cimitero. Placido Rizzotto ancora no". Il Dna estratto dai resti ritrovati a Corleone è stato comparato con quello del padre di Rizzotto, Carmelo, morto anni fa. La compatibilità, dopo mesi e mesi di studi di laboratorio, ha dato ragione all'ipotesi avanzata dalla polizia.
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