Credo che la condanna peggiore che possa subire una nazione sia di esser senza destino e se seguitiamo così,la strada è quella.Ritrovarlo,e che sia un destino favorevole,come la gran parte degli italiani si merita, sarà un’impresa titanica, per chiunque vorrà rimettere insieme i cocci di questa disastrata Italia. Come fare? Intanto ritrovare la coscienza personale e di Nazione; unirsi,diventare un popolo e anche incazzato.Mi domando:quando gli italiani inizieranno a considerarsi un popolo?Il primo passo sarebbe quello: sviluppando una coscienza nazionale,e mettendo da parte interessi di parte (i soli che vengono ora riconosciuti nel nostro paese) potremo iniziare a collaborare attivamente alla nostra politica,perché non basta andar ogni tanto alle urne,votare (col naso turato o meno) e poi sperare che chi abbiamo scelto “freghi” gli altri e non noi. No,troppo poco e troppo pericoloso,addirittura disastroso,se ci va male (come ora, che siamo fregati tutti). La politica e i politici vanno conosciuti,scelti,provati,scartati (se trovati inutili o dannosi), incoraggiati,se fanno bene.. La politica non è solo dei politici (così si rischia la dittatura) la politica è nostra, esercitiamola.La democrazia ci offre gli strumenti adeguati: elezioni, manifestazioni, associazioni sindacali e di categoria, partecipazione ad ogni livello. E’ questo che è sempre mancato agli italiani, la voglia di partecipare alle scelte: per questo siamo tanto mal governati. .
La sai l'ultima?(Rita Pani)
Torna il “ghepensimismo” quella formula di onnipotenza propagandistica dello psicotico del consiglio. L’ennesima barzelletta che ci farà ridere solo il tempo di comprendere che stiamo messi peggio della Grecia e dell’Argentina che fu. Perché se pure non lo dicono, è così che siamo ridotti, ma per fortuna siamo italiani e ci salva la fantasia.No, non è una cazzata. Essere italiani ci salverà. Noi siamo il popolo dello chef che si è inventato il gourmet della crisi: cucinare e mangiare le bucce delle verdure, in salsa tartara o salsa rosa. Siamo il popolo che fa convegni organizzati dalle Università sulle “erbette di campo” che tornano di moda, col piacere di andare a cercarsele in campagna. Avremo domani gli stilisti che non si limiteranno più a inventare le scarpe con le suole bucherellate, ma proprio le scarpe sfondate con i buchi sotto le suole e i lacci spezzati e tenuti insieme da un nodo. Saremo fighissimi quando compreremo le auto dagli sfasciacarrozze perché torneranno in auge le auto d’epoca, le vecchie Uno o le Tipo, quelle che nonno tiene in cortile per farci dormire le galline.Poi siamo il popolo della barzelletta paradossale, quella che a pensarci bene davvero non fa ridere: siamo l’Italia dei deputati e dei senatori che si prendono la pensione dopo due giorni di “lavoro”, che son pagati profumatamente per far un cazzo da mane a sera, o peggio, sono pagati per rubare. Siamo l’Italia della RAI che non sa come pagare gli stipendi, ma che continua a contrattualizzare troiette riciclate per milioni di euro, e minzolini, e giornaliste (?) fantasiose che fan sperare un giorno di poter avere la Ferrari che salva l’acconciatura, proprio ora che non possiamo andare dal parrucchiere, sempre che non sia cinese.Basta perché sennò potrei esagerare ed iniziare a raccontare l’altra barzelletta tutta italiana, di un cazzo buffo, di uno stalliere e del suo maggiordomo che aveva un cellulare con scheda panamense, e di un certo lavitola, che in realtà poi si scoprì essere Stanislao Moulinsky in uno dei suoi più riusciti travestimenti.
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