22 ago 2011

Edoardo Nesi "Storia della mia gente"

In questi giorni di vacanza con più tempo libero(finalmente) mi sono concesso qualche lettura,una di queste è : "Storia della mia gente" di Edoardo Nesi,vincitore del premio strega 2011,un libro che sento molto vicino visto che parla della mia terra,di Prato...Ma un libro che consiglio a tutti,è a metà tra un romanzo,un saggio sull'economia ed una storia autobiografica .Faccio una premessa,non concordo totalmente su tutto quello che dice Edoardo,questo suo punto di vista da industriale non mi convince del tutto sopratutto per chi come me ha vissuto da vicino la caduta dell'economia della mia città..Però apprezzo molto il suo modo di scrivere ,c'è dentro tutto l'amore di un popolo per le sue radici,di una comunità quella pratese per la sua terra,di una città per la sua industria tessile ..C'è dentro la dedizione alla manifattura di padri e di figli, di padroni e di operai, tutti insieme a gioire(più i primi) e poi a soffrire per una delle poche cose che danno forma e sostanza al contratto sociale.Ci sono i diritti di chi chiede la libertà dell'impresa e quelli di chi pretende la dignità nel lavoro. Ci sono tutti i conflitti indotti dal turbo-capitalismo e dal multiculturalismo.Culturali, tra gente ed élite.Sociali, tra integrati e immigrati. Redistributivi, tra ceti medi e poveri ....
TRAMA
Il libro come dicevo narra la storia di questo autore,lui imprenditore di Prato,nato benestante e un po’ viziato,destinato a continuare l’impresa di famiglia,una delle più importanti fabbriche di tessitura della città dei  “cenci”,e anche Nesi come del resto l'intera città si trova improvvisamente a fare i conti con la più grande crisi economico-finanziaria dei tempi recenti,con la globalizzazione,con scelte di politica industriale miopi e poco efficaci fatte dai vari governi del nostro paese,con una situazione che lo costringe,suo malgrado, cedere la ditta di famiglia nel 2004... Una sconfitta personale, familiare, sociale, economica, politica, metafora della condizione di declino del Made in Italy a cui il nostro paese sembra non saper mettere un freno.Nel romanzo-saggio dello scrittore c’è però molto di più: l’amore per la letteratura, soprattutto per Francis Scott Fitzgerald, a cui si deve il titolo del libro, modello di vita e di stile letterario; l’amore per il cinema, di cui si citano titoli famosi, che hanno condizionato la sensibilità e la visione del mondo dell’autore, da “Quarto potere” di Orson Welles a “Il verdetto” di Sidney Lumet; la nostalgia per l’Italia del miracolo economico, quello che consentiva ai rampolli di buona famiglia di passare le estati pigre sorseggiando bibite alla Capannina di Forte dei Marmi, illudendosi che la famiglia, l’azienda, gli ordini, i dipendenti, il contesto sociale sarebbero rimasti fermi in un eterno felice presente. Sappiamo,invece, che non è andata così e con la cultura e la sensibilità del romanziere Edoardo Nesi è pronto ad analizzare la storia della sua famiglia, delle sue vicende aziendali, degli errori commessi da lui e da politici, giornalisti, economisti che hanno teorizzato scenari utopici, fantasiosi, perdenti.

Alcune pagine del libro sono le più convincenti e capaci di penetrare nella nostra sensibilità di lettori con grande forza emotiva: la visita della polizia al capannone che ospitava la fabbrica di Nesi e ora pullula di cinesi che in un ambiente sordido, sporco, degradato, lavorano indefessamente giorno e notte,(e questo l'ho visto anchio con i miei occhi,tutti i pratesi conoscono questa realtà!!!!) fuggiti da una Cina dove la loro qualità di vita era ancora inferiore, ma ridotti in una forma di schiavitù anche nel nostro civilissimo paese,a tagliare e cucire manufatti a prezzi stracciati,quelli che concedono a noi di avere la tv al plasma, la pensione, la sanità, a loro precluse. E ancora la grande manifestazione “Prato non deve chiudere”, con un enorme striscione, fatto con quei tessuti che ora stanno determinando il fallimento delle piccole industrie che da anni li avevano prodotti, alla quale partecipa tutta la città. Imprenditori e operai, tessitori e industriali si riuniscono in una ritrovata solidarietà sociale e umana che ci mette sotto gli occhi la gravità di un declino di cui forse ancora non riusciamo ad identificare la portata. Mentre con gli occhi lucidi si avvia a portare il grande striscione in corteo, lo scrittore conclude, pensando al futuro:
“Oggi però voglio continuare a camminare insieme alla mia gente. Non so bene dove stiamo andando, ma di certo non siamo fermi”.
E tutta Prato si fondava sull'industria tessile; e tutta Prato aveva fortuna economica – la distribuzione della ricchezza, se non equa, era certamente capillare. Non è poco. Il rumore della tessitura, scrive Nesi, era il canto più antico della città: era la ninnananna dei bambini (p. 94).

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