14 apr 2011

"Ho visto Nina volare" De Andrè

"Ho visto Nina volare" e un pezzo di De Andrè dall'album "Anime Salve...Il testo è un inno alla libertà, o meglio al desiderio di libertà,nonostante leggendo tra le parole si può interpretare in tanti modi,a mio parere Nina, rappresenta proprio la libertà che liberamente vola fra le corde dell'altalena ( è pur sempre una libertà condizionata perchè ci sono le corde) e la vorrebbe avere.Ma il padre ( simbolo di ogni autorità, gli nega anche questo sogno. ( se il padre sa che sogna in questo modo,lui dovrà addirittura andarsene ( mi imbarcherò sul mare)Poi il giovane riflette sulla luce lontana e si fa ( a se stesso)un discorso di tipo metafisico ...( che si accende e si spegne) amore,odio,vita ,morte,speranza,disperazione!!!Credo inoltre che questa è una canzone autobiografica dove Fabrizio si proietta nei suoi ricordi d'infanzia, Nina è Nina Manfieri la compagna di giochi quando con i suoi si rifugiavano nell' Astigiano (l'avevo letto però non ricordo dove). Invece, mastica e sputa da una parte il miele dall' altra la cera lo potete capire dalle parole di Carlo Bonanni..leggi sotto

Mastica e sputa
da una parte il miele
mastica e sputa
dall'altra la cera
mastica e sputa
prima che venga neve
luce luce lontana
più bassa delle stelle
quale sarà la mano
che ti accende e ti spegne
ho visto Nina volare
tra le corde dell'altalena
un giorno la prenderò
come fa il vento alla schiena
e se lo sa mio padre
dovrò cambiar paese
se mio padre lo sa
mi imbarcherò sul mare
Mastica e sputa
da una parte il miele
mastica e sputa
dall'altra la cera
mastica e sputa
prima che faccia neve
stanotte è venuta l'ombra
l'ombra che mi fa il verso
le ho mostrato il coltello
e la mia maschera di gelso
e se lo sa mio padre
mi metterò in cammino
se mio padre lo sa
mi imbarcherò lontano
Mastica e sputa
da una parte il miele
mastica e sputa
dall'altra la cera mastica e sputa
prima che metta neve
ho visto Nina volare
tra le corde dell'altalena
un giorno la prenderò
come fa il vento alla schiena
luce luce lontana
che si accende e si spegne
quale sarà la mano
che illumina le stelle
mastica e sputa
prima che venga neve
Una tradizione della città di Matera, oggi purtroppo già estinta, vede da oltre due secoli, le donne più anziane dedite all'antico mestiere dell'apicultura. Sembra che usassero masticare fettine di favo, all'uopo preparate, per ore ed ore, ottenendo in tal modo la separazione del miele dalla cera. Queste due preziose sostanze venivano quindi espulse dalla bocca in appositi recipienti, e quindi, pronte per l'uso.
Questa storia mi è arrivata direttamente da Ivano Fossati quando, ad un concerto di vari anni fa, ha introdotto la canzone "Ho visto Nina Volare", scritta insieme a Fabrizio De André. È stata una vera e propria rivelazione. Lo stesso Fossati mi ha confessato di essere stato letteralmente rapito da quella terra e di avervi soggiornato a lungo, con Fabrizio, per alimentare il fiume di poesia portato da quegli enormi affluenti che sono le tradizioni orali di quel posto.È singolare e nello stesso tempo intuitivo come in questa leggenda siano reciprocamente intrecciate la vicenda religiosa, come il rito della comunione, insieme ad una pratica di accrescimento ancestrale, quale quella del pasto collettivo.E lo studio del comportamento dell'uomo spesso ci ha tramandato che, a tali "comunioni",prendono parte prevalentemente i soggetti che non presiedono alla difesa del territorio e che non vanno a caccia: le donne.Trattandosi poi di un rito molto importante per la sopravvivenza, sono le donne più anziane che ne assumono la piena responsabilità di svolgimento. Ma fra i famosi "Sassi", gli adulti invecchiano e scompaiono, i giovani nascono e crescono, ed anche se gli individui cambiano tutti, mi piace immaginare questo convoglio di umanità rimanere insieme e uguale a se stesso, sotto il peso dei cunicoli di masse lente, su viottoli serpiginosi capaci di dar direzione agli uomini, agli asini, alle acque e agli spiriti… E nelle grotte e intorno al fuoco che sembra accendere le danze degli spiriti dell'ombra, una bimba, rapita dal gioco delle fiammelle, guarda la nonna che
"…mastica e sputa da una parte il miele
mastica e sputa dall'altra la cera
mastica e sputa prima che faccia neve…".
Questo il sogno reiterato, à poussées, quasi un refrain, delle mie notti sui Sassi, fra strade di cenere come un pianto asciutto, piatte ed ondulate, con andamento di fiume tra muri alti di calcio e balconate di tufo che tradiscono il vuoto. Non c'è rumore che possa svegliarmi, né luce tenue che come collirio possa levigare le ferite dei muri stesi come lenzuola materne anche per un estraneo come me.
Di grotta in grotta sono un re forestiero sulla rupe dell'arnia, sono l'ape ceraiola della Gravina, fino al fondo dell'imbuto, dove il vento cade solo a spruzzi, sui cespugli di malerba bagnata. Oltre il disordine del mondo sento il mio passo più sicuro dentro questo sogno.
[Carlo Bonanni]

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