24 mar 2011

67° anniversario dell’ eccidio delle Fosse Ardeatine

Ricorre oggi il 67° anniversario dell’ eccidio delle Fosse Ardeatine, il massacro compiuto a Roma dalle truppe di occupazione della Germania nazista il 24 marzo 1944, ai danni di 335 civili e militari italiani, come atto di rappresaglia in seguito a un attacco partigiano, per cacciare le truppe di invasori tedeschi, avvenuto il giorno prima in via Rasella. Per la sua efferatezza e per le tragiche circostanze che portarono al suo compimento, è diventato l'evento simbolo della violenza nazista durante il periodo dell'occupazione in Italia. .



Storia:
Si ricorda che il quadro storico di Roma - dopo l'8 settembre 1943, l'armistizio di Cassibile, la fuga del Re Vittorio Emanuele III, e l'ingresso delle truppe tedesche - era quello di una città sotto il controllo effettivo dei nazisti e dopo lo sbarco di Anzio, il 22 gennaio 1944 l'intera provincia romana venne dichiarata "zona di operazioni". Albert Kesselring, comandante del fronte meridionale, nominò capo della Gestapo di Roma, conferendogli direttamente il controllo dell'ordine pubblico in città, l'ufficiale delle SS Herbert Kappler, già resosi protagonista della deportazione dal ghetto ebraico il 16 ottobre 1943 di 1.023 ebrei romani verso i campi di sterminio tedeschi e delle atroci torture contro i partigiani detenuti nel carcere di via Tasso. Kappler avviò una campagna del terrore con frequenti rastrellamenti ed arresti di antifascisti e semplici sospettati, sgominò in breve quasi ogni gruppo della resistenza romana. Solo i GAP comunisti - Gruppi di Azione Patriottica delle brigate Garibaldi, che dipendevano ufficialmente dalla Giunta militare che era emanazione del Comitato di Liberazione Nazionale mantennero una buona efficienza operativa.È in questo contesto che i quadri comunisti della Resistenza romana giunsero alla determinazione di reagire con le armi e di attaccare militarmente l'occupante con un'azione dal forte valore simbolico: il 23 marzo 1944, anniversario della fondazione dei fasci di combattimento, ebbe luogo l'attacco contro il battaglione tedesco in via Rasella.
Vennero uccisi 31 militari e un altro soldato morì il giorno successivo, mentre persero la vita anche due passanti italiani.In seguito all’azione partigiana Hitler tra vaneggiamenti su Roma da distruggere interamente e quartieri rasi al suolo stabilì la modalità della vigliacca rappresaglia: dieci italiani fucilati per ogni soldato tedesco ucciso. L’eccidio avvenne immediatamente e fu affidato al colonnello Herbert Kappler, coadiuvato dal capitano Priebke.Secondo il diritto bellico, le modalità di rappresaglia condotta dai nazisti, hanno violato le Convenzioni vigenti, quella Dell’Aja del 1907 e quella di Ginevra del 1929. Non risultò l’esecuzione da parte tedesca di alcuna seria indagine per appurare l'identità dei responsabili dell'attacco, non si attesero le 24 ore di consuetudine affinché gli stessi si consegnassero spontaneamente, non venne neppure affisso il consueto bando nelle pubbliche piazze, limitando l'affissione, secondo la testimonianza dell'ambasciatore Roberto Caracciolo, ai soli uffici tedeschi, condizioni necessarie per la legittimità dell'azione di rappresaglia.L'ordine di esecuzione riguardò 320 persone, poiché inizialmente erano morti 32 soldati tedeschi. Durante la notte morì un altro soldato tedesco e Kappler decise di uccidere altre 10 persone.

Erroneamente, causa la "fretta" di eseguire la rappresaglia, furono aggiunte 5 persone in più nell'elenco, ed i tedeschi, per eliminare scomodi testimoni, uccisero anche loro. Nella scelta delle 355 vittime, furono privilegiati criteri di connessione con la resistenza militare monarchica e partigiana, e gente appartenente alla religione ebraica; nessuno di essi aveva avuto un qualche ruolo nell’ attacco a Via Rasella.I militari tedeschi, trascinarono i condannati, alcuni dei quali torturati precedentemente, presso le antiche cave di pozzolana site nei pressi di via Ardeatina, scelte quale luogo strategico per l’esecuzione e per poter meglio occultare i cadaveri successivamente. Compiuto il massacro, infierirono sulle vittime, facendo esplodere numerose mine per far crollare le cave e chiudere la fossa comune e rendere più difficoltosa la scoperta dell’ eccidio

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