Mafia, la Corte su Dell'Utri: "Mediatore tra boss e Berlusconi"
Depositate le motivazioni con cui i giudici di Palermo hanno condannato a 7 anni il senatore Pdl per concorso esterno in associazione mafiosa. Era uno "specifico canale di collegamento" tra Cosa nostra e il premier. "Ma non è stato provato il patto di scambio". E la notizia non compare nei titoli di TG1 e Tg5
Il presidente del consiglio, quello votato dal popolo sovrano, dalla maggioranza degl'italiani, il miglior presdelcons che questo paese abbia mai avuto, quello che ha portato l'amore nella politica, contrapposto all'odio dei cattivoni che non lo lasciano fare, per 20 anni anziché denunciare come fanno i cittadini e gl'imprenditori onesti ha pagato il pizzo alla mafia, alla mafia che uccide Magistrati, Giudici, donne, uomini, alla mafia che strangola e scioglie i bambini nell'acido.....Complimenti al ministro maroni.
Ecco la sentenza che il 20 Giugno scorso ha condannato Dell'Utri : Qui
"Mangano è stato un eroe, non ha mai risposto alle domande dei giudici che volevano sapere di me e di Berlusconi" (Marcello Dell'Utri)
Paolo Borsellino diceva di Mangano:
Quando nel mio paese accadono certe cose vorrei trovare risposte che abbiano una qualche ragionevole concretezza.Leggo, ascolto, mi informo e sento parole stanche, consuete, infilate in mediatici slogan che denunciano un tal disancoramento dalla percezione del problema che alla fine ti pare di assistere ad una tragica farsa in cui tutti i protagonisti fissi nei lori ruoli dimostrano di vivere come quegli uomini della caverna di Platone che vedendo solo ombre pensano che quella sia la realtà..
Platone descrive una caverna profonda stretta ed in pendenza, simile ad un vicolo cieco.Sul fondo ci sono gli uomini che sono nati e hanno sempre vissuto lì; essi sono seduti ed incatenati, rivolti verso la parete della caverna: non possono liberarsi né uscire né vedere quel che succede all'esterno.All’entrata della caverna c'è un muro dietro il quale ci sono persone che portano oggetti sulla testa: dal muro spuntano solo gli oggetti e non le persone che li trasportano: come il teatro dei burattini, che ci affascinava da bambini.La luce è data da un gran fuoco. La luce del fuoco, meno potente di quella solare, illumina e proietta questo mondo semi-vero.Gli uomini della caverna scambiano le ombre proiettate sul fondo per verità e passeranno il tempo a riconoscere le ombre riflesse, a indovinare quale sarà la sequenza: è l'unica forma di sapere a loro disposizione ed il più bravo sarà colui il quale riuscirà a riconoscere tutte le ombre. Ma se qualcuno si liberasse dalle catene?La prima cosa che farebbe sarebbe quella di voltarsi…Vedrebbe la realtà degli oggetti e comincerebbe ad aver voglia di uscire.Prima sarebbe infastidito dalla luce diretta e cercherebbe di difendersi guardandola indirettamente, per esempio riflessa in uno specchio d'acqua..Ma poi, man mano che la vista si rinfranca, guarderebbe gli oggetti veri: gli alberi, i fiori, le stelle e infine il sole che gli darà la forza di ritornare nella caverna a raccontare ciò che ha visto.
Platone usa la parola convertirsi per descrivere l’atto di chi decide di girarsi per guardare al di là…
Convertirsi, cioè decidere di liberarsi, guardare, capire e cambiare la propria prospettiva esistenziale.
Noi rischiamo di essere come gli uomini nella caverna, costretti a fissare lo sguardo su un fondale su cui si proiettano le immagini degli oggetti. E rischiamo tanto perché la paura, l’egoismo ci stanno facendo vivere in un mondo chiuso e circoscritto, nel quale si acquisisce la conoscenza attraverso la proiezione di immagini che danno una impressione di realtà.Che sia finalmente ora di uscire da questa caverna? Che sia ora di dare forza a persone che dimostrano di essersi liberati dalle pastoie e di raccontare la realtà vera?Che sia ora di trasformare il fondale in uno specchio illuminato dalla luce diretta del sole per guardare chiaramente le cose e decidere in che paese vogliamo vivere e in che paese vorremmo che vivessero i nostri figli?Perché se non ora, quando?
Marcello Dell’Utri un senatore d’onore
di S. lodato l'Unità:
Camilleri, ricorderà che Giulio Andreotti, da una certa data in poi, venne “prescritto” per mafia. La prescrizione non è affatto una assoluzione, tanto è vero che la Cassazione condannò l’imputato a risarcire le spese processuali rigettando altresì i ricorsi dei suoi difensori che puntavano alla totale riabilitazione. Di quella sentenza, che di ombre su una carriera politica apparentemente folgorante ne gettò più di una, i media fecero scempio, veicolando nel mondo intero la lieta novella dell’ «Andreotti assolto». Con Marcello Dell’ Utri siamo caduti molto più in basso; quasi ci vien da rimpiangere quella piccola banda di paese che intonò candidamente le sue marce garantiste. E per una volta lasciamo perdere il Tg1 di Minzolini, che preferirebbe non andare in onda pur di non affibbiare a certi amici degli amici la qualifica di “condannato”. Marcello Dell’ Utri, autorevolissimo senatore della Repubblica Italiana, alla data di oggi, si porta sul groppone una condanna in primo grado a nove anni per concorso in associazione mafiosa e una in secondo grado a sette anni, per il medesimo reato. Dell’ Utri, aveva annunciato: «Se sarò assolto toglierò il disturbo e mi ritirerò dalla politica». E ora che è stato condannato che fa? Non solo ci punisce tutti restandosene al suo posto ma, per non farsi mancare nulla, si ritrova anche nel registro degli indagati in compagnia dello specchiato Flavio Carboni, vecchia conoscenza delle questure di mezza Italia. Ai p.m. che volevano interrogarlo non ha risposto e poi ha fatto il giro dei Tg per esaltare il valore dell’omertà processuale, dicendo ai «picciotti» che con giudici Torquemada è meglio non averci a che fare. Un autentico senatore d’onore!
Vogliamo, una volta per tutte, caro Lodato, sgombrare definitivamente il campo dai facili e magari malevoli equivoci e dire che il senatore Marcello Dell’Utri non, ripeto non, è stato condannato a sette anni in secondo grado, ma “diversamente giudicato” da quel Tribunale di Palermo? E’ una formulazione ineccepibile, mi creda, da suggerire para para a Minzolini. Infatti il secondo giudizio ha ridotto di due anni la pena comminata in primo grado. Tutto ciò premesso, mi sia consentito però di soffermarmi alquanto su una delle tre conclamate fissazioni del nostro senatore. Su due, la bibliofilia e la faccenda dei diari di Mussolini in suo possesso, che egli si ostina a giurare autentici e ogni tanto ne legge pagine a parer suo significative commuovendosi fino alle lacrime, non mi pronunzierò.
Vorrei invece spendere qualche parola sulla patente di eroe da lui insistentemente affibbiata in ogni occasione a quel Vittorio Mangano, noto mafioso condannato all’ergastolo, implicato in un triplice omicidio, che egli dalla Sicilia fece arrivare a Milano al servizio di Berlusconi in qualità di stalliere ad Arcore. Perché il senatore s’ostina a considerarlo un eroe? Perché pare che in carcere il Mangano sia stato sottoposto a pesanti pressioni affinchè rivelasse possibili attività illegali di Berlusconi e Dell’Utri ed egli si sia rifiutato di rispondere, rinunziando alla libertà che gli era stata promessa in cambio. Ma mi domando: al senatore questa storia chi gliel’ha raccontata? Era presente? No. Esistono testimoni? No. Sono stati redatti verbali? No. E allora? Non gli sorge il sospetto che qualcuno possa avergli raccontata una bufala solenne come i diari di Mussolini? E poi, questo eroico Mangano che tiene la bocca chiusa per dovere d’amicizia non è lo stesso Mangano che qualche anno prima aveva fatto esplodere una bombetta nei pressi di una villa berlusconiana? Una bombetta che Dell’Utri e Berlusconi giudicarono, nel corso di una telefonata, quasi un gesto amichevole, un affettuoso presente? No, senatore, questa storia di Mangano proprio non funziona. Se ne inventi un’altra. Tanto, la fantasia non le manca.
20 nov 2010
Liberiamoci...da questo regime!!da questa Mafia di stato...
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