25 ott 2010

Morti Bianche....Risarcimento inferiore perchè Albanese!!!!!

Stavo leggendo questo pezzo:Torino:Morti bianche...Risarcimento inferiore per la vittima albanese"
La vita di un operaio albanese vale meno, economicamente molto di meno, della vita di un operaio italiano. La sentenza "choc" è stata emessa da un giudice civile del tribunale di Torino, che richiamandosi ad una sentenza della Cassazione di dieci anni fa, ha deciso di «equilibrare il risarcimento al reale valore del denaro nell’economia del Paese ove risiedono i danneggiati». E visto che l’Albania è un’area ad economia depressa, ai familiari dell’uomo morto sul lavoro va un risarcimento di dieci volte inferiore rispetto a quello che toccherebbe ai congiunti di un lavoratore in Italia. Il giudice inoltre avrebbe anche addebitato all’operaio deceduto il 20% di concorso di colpa nella propria morte. A ciascun genitore residente in Albania vanno appena 32mila euro

Un paradosso ma sembra proprio così. Non pare ecquo e giusto differenziare un risarcimento in base alla provenienza....Cosa da barbari razzisti...L'operaio morto contribuiva alla richezza della Nazione italiana allo ra che differenza c'è tra uno proveniente da un paese povero e uno ricco?Questo operaio contribuiva al mantenimento dei suoi in patria.Ora non c'è più.... Penso alla Svizzera,alla Germania,Belgio dove in passato troppi lavoratori italiani hanno perso la vita, le indennità venivano date in base ad altri parametri,sicuramente non simile a questo medioevale giudizio.Chissà se il giudice sarebbe stato dello stesso parere se la morte avesse toccato suo figlio,operaio negli USA o in Giappone?Non vorrei che a furia di considerare lo straniero altro da noi,si diffonda una cultura legata più alla provenienza etnica che al valore dell'uomo in se...Dal punto di vista della futura coesione sociale di una società multietnica, come diventerà la nostra,sarebbe un disastro.Si aprirebbero delle tensioni i cui esiti potrebbero essere imprevedibili e fatali...Spero che persone fornite di ragione e di lungimiranza sappiano e possano correggere questa deriva verso la quale sta scivolando la nostra società...Del resto già la politica che porta avanti da tempo questo Governo,la lotta al diverso all'extracomunitario,al Gay ...e  leggendo queste notizie  possono essere considerate di poco rilievo, rispetto alla violenza che spesso sono vittime,però sono sintomi,sintomi preoccupanti di un corto circuito che rischia di degenerare e che ci allontana dai riferimenti cardine della nostra civiltà,se non sbaglio
la nostra costituzione dice:
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella Costituzione italiana e nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, senza distinzione alcuna di nazionalità, colore della pelle, sesso, lingua, religione, opinione politica, origine, condizioni economiche e sociali, nascita o altro"

Sono questi i principi fondamentali che accomunano ogni essere umano e costituiscono la base di ogni moderna democrazia.Una società che si chiude sempre di più in se stessa,che cede alla paura degli stranieri e delle differenze,è una società meno libera,meno democratica e senza futuro.Non si possono difendere i nostri diritti senza affermare i diritti di ogni individuo,a cominciare da chi è debole e spesso straniero. Il benessere e la dignità di ognuno di noi sono strettamente legati a quelli di chi ci vive accanto...
Un consiglio leggete questo pezzo sotto....
IL CAMMINO DELLA SPERANZA

Il cammino della speranza era il titolo d'un bel film del neorealismo italiano del 1950 di Pietro Germi. Narra le traversie d'una famiglia italiana che, attirata dal miraggio d'un lavoro, attraversa clandestinamente il confine francese. Dopo molte peripezie attraverso le Alpi, riescono nel loro intento ma, appena giunti in Francia, vengono fermati da una pattuglia di guardie di confine. Dopo un drammatico dialogo con il capo pattuglia dalle lontane origini italiane, costui chiude gli occhi concedendo la prosecuzione del loro cammino della speranza.Erano anni duri, per noi italiani, quelli del dopoguerra. Il boom economico si sarebbe verificato solo negli anni sessanta. I nostri padri, per sfuggire miseria e disoccupazione, riempivano le miniere belghe, le acciaierie tedesche, i cantieri francesi. Navi cariche d'emigranti partivano verso l'America dove, all'ombra della statua della libertà, venivano tenuti in quarantena in centri d'accoglienza per essere sottoposti ad accertamenti medici, morali e giudiziari.
La storia dell'uomo è costellata di transumanze. La fatica di vivere spinge varia umanità a spostarsi dai luoghi di povertà assoluta ad altri in cui
s'intravede una speranza di sopravvivenza, una possibilità di vita ai margini d'un benessere che li attira come un irresistibile miraggio.
Viviamo un'epoca di profonde trasformazioni. Il potere forte del capitale non conosce più confini in una globalizzazione che sembra inarrestabile.
I poveri diventano sempre più poveri ed i ricchi più ricchi.
Ed i più poveri li si vorrebbe tenere rinchiusi nei confini della loro miseria.
Compiliamo statistiche su quanti bambini, nel terzo mondo, muoiono di fame ogni giorno.
All'ora di pranzo la televisione ci informa di carestie, guerre, genocidi, mostrandoci pattuglie che sorvegliano le nostre coste per cercare d'impedire ai disperati del mondo d'avvicinarsi al nostro supposto benessere, in una triste guerra tra poveri.
I mass media, pilotati da convenienze elettorali di partiti e partitini, creano emergenze mirate a produrre allarme sociale e così lo scippo dell'albanese finisce in prima pagina mentre il ladrocinio d'alto bordo improvvisamente non fa più notizia.
Cresce il sentimento di xenofobia in una nazione storicamente tollerante ed i poveri vedono minacciato il loro livello di media povertà da altri più poveri, che gli toglierebbero spazi e lavoro, dimenticando che gli immigrati coprono i lavori più umili che nessun autoctono vuole più fare, così come noi italiani, nei decenni scorsi, facevamo il lavoro che tedeschi, francesi, belgi, americani, rifiutavano perché considerati umilianti.
Nella migliore delle ipotesi si parla di integrazione piuttosto che accettazione delle diversità. Noi occidentali veniamo da una cultura colonialista che ha sempre cercato di sottomettere ed integrare i diversi rispetto ai nostri schemi culturali e religiosi.

La diversità può, dovrebbe essere, reciproca crescita ed arricchimento culturale.
E allora, i diversi ci insegnano:
Vivere una sola vita
in una sola città,
in un solo paese,
in un solo universo,
vivere in un solo mondo,
è prigione.
Conoscere una sola lingua,
un solo lavoro,
un solo costume,
una sola civiltà,
conoscere una sola logica
è prigione.
Ndjock Ngana (da Nhindo Nero)

Noi li chiamiamo illegali, clandestini, perché ci manca il coraggio di guardarli e definirli per quello che sono, cioè uomini e donne senza passaporto, persone che cercano un'esistenza migliore, una possibilità di vita dignitosa.
Li chiamiamo extracomunitari poiché non fanno parte della nostra ristretta comunità europea, basata su decisioni politiche ed economiche più che su valutazioni geografiche e storiche.
E con l'ondata xenofoba montante, il termine extracomunitario acquista connotati spregiativi anche se nessuno si sognerebbe di chiamare così uno svizzero o uno statunitense.
Viviamo in un'epoca ed in un mondo in cui valori forti come solidarietà, fratellanza, uguaglianza, sono stati stritolati da poteri economici che tutto appiattiscono riducendoli a fattori di disturbo dei loro progetti, dei loro bilanci, dei loro interessi.
Horst Fantazzini

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