30 mag 2010

IL CACCIATORE DI AQUILONI

Uno romanzo bellissimo,che ho divorato in pochi giorni...La storia è inserita nei trent'anni della storia afghana, partendo dalla caduta dell'impero russo alla fine del regime talebano fino ai nostri giorni.Il linguaggio è ricercato e comprensibile e durante la lettura non disturbano affatto i numerosi termini in lingua araba. Il narratore onnisciente esprime i suoi pensieri, paure, preoccupazioni facendo in modo che la storia sia ancor più realistica.Le descrizioni inoltre sono molto accurate e precise. Un libro come pochi, che parla del rapporto padre-figlio, dell'amicizia, del tradimento, del perdono e della cultura afghana...
Un Libro da cui è stato fatto anche il Film:



Un pò di storia!!!
C’è stato un tempo in cui Kabul era una città in cui volavano gli aquiloni e in cui i bambini davano loro la caccia. Amir e Hassan hanno trascorso lì la loro infanzia felice e formavano una coppia eccezionale nei tornei cittadini di combattimenti tra aquiloni. Niente al mondo però può cambiare certi dati di fatto: l’uno pashtun, l’altro hazara; l’uno sunnita, l’altro sciita; l’uno padrone, l’altro servo. Amir, il ricco, era il pilota; Hassan, il servo, era il suo secondo. Poi però gli aquiloni non volarono più. E’ una storia di padri e figli, di amicizia e tradimento, di rimorso e redenzione, di fughe e ritorni sullo sfondo di un Afghanistan schiacciato dalla morsa sovietica prima e dai talebani poi. Amir, figlio di un ricco uomo d’affari, viveva con il padre Baba in quella che era considerata da tutti la più bella casa di Wazir Akbar Khan, un nuovo quartiere nella zona nord di Kabul. Anche Hassan viveva con il padre Ali, in una capanna di argilla, all’ombra del nespolo situato all’estremità meridionale del giardino della casa di Baba e Amir. Ma un giorno, sotto gli occhi dell’amico, qualcosa di terribile accadde ad Hassan. Amir commise una colpa terribile e l’armonia tra i due si infranse. “Sono diventato la persona che sono oggi all’età di dodici anni, in una gelida giornata invernale del 1975. Ricordo il momento preciso: ero accovacciato dietro un muro di argilla mezzo diroccato e sbirciavo di nascosto nel vicolo lungo il torrente ghiacciato. E’ stato tanto tempo fa. Ma non è vero, come dicono molti, che si può seppellire il passato. Il passato si aggrappa con i suoi artigli al presente. Sono ventisei anni che sbircio di nascosto in quel vicolo deserto. Oggi me ne rendo conto.” Queste le parole di Amir adulto che vive da ormai vent’anni in America, dove è fuggito con il padre. E, quando una telefonata inaspettata lo raggiunge a San Francisco, comprende che deve partire e tornare a casa. Un viaggio di ritorno, un viaggio dentro di sé, un viaggio di espiazione, un viaggio di riscatto. Ricordi assordanti e prorompenti, sensazioni sopite ma mai dimenticate. Ad attenderlo non ci sono però solo i rimorsi e i fantasmi della sua coscienza; quella che una volta era casa e patria è ora una landa desolata, terra di relitti umani e di donne invisibili la cui bellezza non esiste più. Qui avere un padre o un fratello, dopo gli indiscriminati stermini dei talebani, è una vera rarità; qui incrociare il loro sguardo, il più delle volte, significa tortura e morte; qui regnano sgomento e terrore.
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Non c'è che un solo peccato ed è RUBARE tutti gli altri peccati sono una variante del furto.quando tu uccidi un uomo gli stai rubando la sua vita rubi il diritto a sua moglie ad avere un marito stai rubando ai suoi figli il diritto di avere un padre quando dici una menzogna rubi il diritto di qualcuno alla verità non c'è niente di peggio che rubare.(dal libro il Cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini



Se «Il cacciatore di aquiloni» era una storia al maschile, «Mille splendidi soli», secondo romanzo di Khaled Hossein,parla di due donne molto diverse,Mariam e Laila.
Le atmosfere sono le solite: stessa ambientazione, stesse vie polverose di Kabul,le stoffe colorate e il riso in tavola, le risate dei bambini che vanno a scuola e le chiacchiere tra adulti in tempo di pace. Poi la stessa guerra seguita al colpo di stato di Daud Khan,l’invasione sovietica,le lotte civili dei Signori della Guerra, tra cui i Talebani.Dunque le violenze su donne e bambini indifesi,sui civili affamati.Le case sventrate,la povertà,l’annientamento della società civile e della speranza di una vita normale. L’esilio. Ciononostante, l’amore che sboccia e si rafforza anche se intorno non c’è più traccia di quello che è stato.Famiglie distrutte, legami segnati dai sibili dei razzi.
LA STORIA:
Tutto parte da Herat nel 1959, dove nasce Mariam, figlia illegittima di una serva e di un ricco mercante, relegata a vivere in una baracca con la madre che continuamente le ricorda la sua colpa chiamandola harami, «bastarda». Per lei la vita ha in serbo solo dolore, un marito brutale, l’assenza di amicizie. Ma anche Laila. Nata nel 1978 mentre Kabul viene invasa dai Russi, figlia di un intellettuale, bionda, bella, colta, dopo un’infanzia trascorsa tra gli insegnamenti del padre e le marachelle con l’amico del cuore Tariq, che ha perso una gamba su una mina, non va incontro alla sorte brillante che la sua condizione sembrava presagire. Anche lei, crescendo, trova un destino di sofferenza e in Mariam l’unica luce nel buio della speranza.
C’è tutto l’Afghanistan dentro questa storia fatta di donne, il suo fascino e la sua crudeltà. Ma non è solo una storia. Leggere Hosseini vuol dire scaldarsi ai «mille splendidi soli» di Kabul, come recita una poesia del XVII secolo, vivere dentro i personaggi che crea, vedere con i loro occhi la devastazione, sentire con il loro cuore l’amore, credere insieme a loro in un futuro migliore. Senza guerra. Nella pace fronzuta di un tranquillo villaggio sulle colline.

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