11 feb 2011

FRANCESCO DE GREGORI(1974)

Mentre era collegato a Facebook ho notato un link di un caro amico...una canzone di Francesco De Gregori "Cercando un'altro Egitto" ovviamente rivolto all'attualità e alla festa di queste ore in Egitto.Questa meravigliosa canzone fà parte  di un album del 1974 un disco omonimo,che riporta semplicemente nome e cognome: “Francesco De Gregori”.Ricordo di aver letto che lo stesso Francesco considera questo album il peggiore che abbia mai fatto.Ma il destino vuole che questo album venga considerato il migliore dai veri fan,da chi conosce la sua musica e ci si ritrova dentro,che non lo conosce solamente per qualche canzone che gli suscita un bel ricordo... E devo dire personalmente,anche se non è il migliore però vale la pena...un disco in cui è presente principalmente la chitarra,oltre alla voce di un ventitreenne che ha come miti due artisti come Leonard Cohen e Bob Dylan..

Ed è proprio da questi artisti,che prende spunto infatti lo stile espresso nel disco si ispira al loro genere.Rari echi di pianoforte che arrivano da lontano,batteria totalmente assente,un uomo che canta come nella sua stanza quando non c’è nessuno a casa.Una chitarra acustica e una voce.È il 1974. In Italia, come in tutto il mondo, si è nel pieno degli anni 70 ed è superfluo dire qui, adesso,cosa questi anni hanno significato, per la storia dell’umanità.In questa fetta di Novecento,arrivavano dall’America e dall’Inghilterra,principalmente,dischi e gruppi che entreranno a far parte degli annali della musica.Bob Dylan suonava le sue canzoni pacifiste e Leonard Cohen si concentrava più sulla descrizione dell’Io,della crisi mistica e delle sue visioni.In Italia, sulla loro scia,uscirono principalmente due artisti: Fabrizio De André e Francesco De Gregori..E questo album e una perla unica nel genere,ci sono i testi,che secondo me fanno parte delle migliori creazioni dell’’artista;metafore onnipresenti,visioni che ti si presentano davanti come un cane che si è perso,sogni, dolore e speranza che provengono dall’Io di chi scrive, in un’età in cui si hanno mille domande e pochissime risposte.Ci troviamo di fronte all’uomo,all’artista, al suo essere.
L'album e le Traccie:
La prima traccia dell'album è: Niente da capire,probabilmente la canzone più conosciuta a livello commerciale,di questo cd.È un attacco diretto a tutti quelli che consideravano la sua scrittura ermetica, incomprensibile; attraverso questo testo ci fa capire che nelle sue canzoni non c’è niente da capire, ognuno le può interpretare come vuole,secondo le proprie necessità.

La successiva è Cercando un altro Egitto, che è na delle poche canzoni dell'album che il cantautore romano propone ancora ai suoi concerti.Una rappresentazione onirica nel vero senso della parola: un sogno fatto da De Gregori che diventa una canzone sulle piccole e grandi violenze del nostro tempo.Vi è una frase,“le grandi gelaterie di lampone che fumano lente”, che è riferita ai forni crematori Nazisti ..Lui immagina di essere come San Giuseppe,ovvero di scappare e portare con se solo le cose migliori della vita.Dalla violenza nei suoi confronti del "Francesco ti vogliono amazzare" (un verso che diverrà in seguito una profezia dopo i fatti del Palalido) fino alle violenze di piazza del "terzo reparto celere".

Poi l'album continua con Dolce amore del Bahia; c’è una formica che l’autore incontra, che all’inizio lo cataloga come pazzo e che lui,successivamente,ucciderà,perché “io sono stato dove tu mai”.
Poi arriva Informazioni di Vincent, dove vengono messe in mostra le debolezze di chi scrive, chi ha “affittato i suoi occhi a una banda di ladri e vede quel che vedono loro”, chi è ancora aspettato a Parigi, in una stanza con la moquette piena di topi.

La successiva è Giorno di pioggia. Una chitarra trascinata via insieme al malessere di chi canta, di chi solitamente va a “vedere gli incidenti stradali lungo il fiume", di chi cammina in un giorno di pioggia desiderando le chiavi di chi ama per poter “scrivere una lunga poesia per le tue braccia”.

Bene,invece è una canzone che De Gregori che descrive il rapporto con sua madre, a cui lui ricorda che “giocavo coi tuoi occhi nella stanza e ti chiamavo mia”, a cui permette di poter criticare le proprie poesie e di poterlo chiamare ancora “amore mio”, anche se “le navi di Pierino erano carta di giornale eppure sono andate via”.

Chissà dove sei  fino ad arrivare ad Arlecchino dove, tra "fiori falsi e sogni veri" Arlecchino cammina sul filo,anche se "il filo sotto i piedi non ce l'ha" e tutti sono andati lì a vederlo.Una situazione simile a quella dell'artista,che è appesa a un filo, un filo che può essere tagliato se qualcuno deciderà che non sarà più resistente abbastanza, quando "la mia cella è un po' più stretta e mi pagano di più".

A Lupo è una canzone che si presenta come una favola, con qualcuno che non ho niente da chiedere, se non le tue lacrime e tutto quel che hai, dove la piccola fiammiferaia presa dal gioco si è rotta una mano sopra il filo spinato. Ma viene pregato, questo Lupo, di non giurare più sulla sua bambina. E questa è una storia vera: la storia di un produttore musicale che, quando doveva giurare, giurava sempre su sua figlia.

Si continua con le ultime due traccie la prima è: Finestre di dolore,vengono descritte tre situazioni: l’alba in cui un gallo si mette a suonare la sveglia “per quanto la notte fosse ancora ubriaca” e dove “lui, con la mano alla bottiglia faceva i suoi discorsi da pazzo"; si passa poi a dei giovani rinchiusi in una stanza ad aspettare l’alba, “aggrappati alle nostre sigarette”, dove Anna conta i ricordi sul soffitto; poi ci sono gli uomini diversi, che aspettano “in una buca di due metri”, aspettano un attacco, che “era fissato per le sette”, quasi a simulare uno scontro fra ragazzi, che in realtà non presentano alcuna differenza, proprio come le guerre, che spesso sono combattute dimenticando che siamo tutti uguali. E poi ci fu un momento in cui “venne da molto lontano un ricordo, qualcosa di simile a un pianto di madri e due angeli vestiti di bianco scesero con aria stupita e il vuoto nel cuore”.

Per finire Souvenir,

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