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Ascanio Celestini "Scemo di Guerra"
A volte per conoscere la storia d'Italia non è necessario leggere i libri di storia,e questo romanzo(favola?) è la dimostrazione,bastano le parole di un ragazzino di otto anni che il giorno della Liberazione lo vede dal punto di vista di una cipolla che quasi l'ammazza e di una carovana di persone che sembra presa pari pari da un brano di Collodi,o un film di Monicelli.E ci si può stare incollati per ore,immersi nella lettura di questa favola,che non importa nemmeno più se è vero o non è vero,.Inoltre se ad aver scritto questo è Ascanio Celestini una delle voci più note del teatro di narrazione in Italia,un grande capace di mettere in scena i mali dell’epoca con una ironia e semplicità disarmante si può andare sul sicuro ...“Scemo di Guerra”,è il racconto del secondo conflitto mondiale vissuto da un ragazzino di borgata,Nino, padre dello stesso Celestini, che il 4 giugno del 1944 attraversa Roma a piedi da nord a sud per tornarsene a casa insieme a “suo” padre, il Sor Giulio, nonno di Ascanio.
Camminando contro mano rispetto alla Storia, i due attraversano la città in cerca di potenziali soci che possano comprare un maiale “che un parente di Frascati della Sora Irma ha rubato ai tedeschi e se lo vuole vendere, vivo, prima che vengano gli americani, ché ad ammazzarlo farebbe troppo rumore e potrebbe far insospettire i tedeschi”. Nel tragitto padre e figlio trovano diversi soci, tra cui un ragazzino invecchiato, un barbiere resuscitato, un ragazzino paraculo e uno scemo di guerra. Nel racconto del piccolo Nino i fatti realmente accaduti si mescolano con la fantasia. Ed ecco che l’inaspettato bombardamento del quartiere San Lorenzo è accompagnato dalla leggenda del barbiere dalle mani belle e il rastrellamento del Quadraro si trasforma nella favola delle mosche parlanti.Ascanio,con grande maestria,riporta i fatti con un linguaggio dialettale romanesco diretto e ricco di ripetizioni armoniose tra loro.Celestini come è nel suo modo riesce a raccontare una storia ricca di spunti di riflessione apparentemente semplici e poveri:vivere la guerra la deportazione,la liberazione.Tutto questo raccontato con la semplicità l’ironia,il genio tipico di Ascanio..Nel mio caso, ad esempio, mi sono sentito parte del libro. Una di quelle persone in mezzo alla folla che ascoltano Nino mentre racconta allo scemo di guerra che i tedeschi stanno scappando e che gli alleati sono ormai alle porte di Roma...
CITAZIONE
«Il 4 giugno 1944 mio padre c’aveva otto anni. Mio padre diceva che rischiò di morire per una cipolla. Per quella cipolla uno scemo di guerra gli sparò addosso. Mio padre diceva che lo mancò per un pelo, ma perse la cipolla. Diceva che i tedeschi scappavano da Roma e gli alleati stavano arrivando. Tutti ’sti soldati attraversavano la città da sud verso nord, e invece lui per tornarsene a casa andava nella direzione opposta. Mio padre diceva che camminò contromano rispetto alla Storia».
Roma, 4 Giugno 1944: “Mio padre raccontava una storia di guerra. Una storia di quando lui era ragazzino. L’ho sentita raccontare per trent’anni. È la storia del 4 giugno del 1944, il giorno della Liberazione di Roma. Per tanto tempo questa è stata per me l’unica storia concreta sulla guerra. Era concreta perché conoscevo le strade di cui parlava. Conoscevo il cinema Iris dove aveva lavorato con mio nonno e poi era concreta perché dopo tante volte che la ascoltavo avevo incominciato a immaginarmi pure i particolari più piccoli del suo racconto. Così quando ho incominciato a fare ricerca ho deciso di registrarlo e provare a lavorare sulle sue storie. Da queste storie nasce Scemo di guerra. Nello spettacolo si ritrovano alcuni avvenimenti molto conosciuti come il bombardamento di San Lorenzo o il rastrellamento del Quadraro. Alcuni fatti sono veramente accaduti a lui come quando ha rischiato di farsi ammazzare mentre raccoglieva una cipolla. Altri li ho ascoltati da altre persone come la storia del soldato seppellito vivo all’Appio Claudio. Certe cose me le sono inventate io o le ho prese da altri racconti di altre guerre che mi è capitato di ascoltare. Adesso credo che questa sua storia per me sia diventata il modo per mantenere un duplice legame sentimentale: quello politico con la mia città e quello umano con mio padre.”(Ascanio Celestini)
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