24 gen 2012

L'appartenenza "Pippo Pollina"

Possano tutti i padri e tutte le madri del mondo decantare il loro orgoglio per i loro figli e lasciare che la loro gioia si esprima feconda nel verbo chiaro della benevolenza. E possano tutte le donne e gli uomini del mondo dipingere nella tela del loro sentire per la gente a loro vicina un netto : Mi piace quello che sei perchè mi piace quello che fai.Io non sono mai stato uno di voi.Non perchè non lo abbia voluto o non abbia avvertito quel significato di aderenza a un comune sentire, pensare o desiderare.Non perchè il germe dei distinguo abbia reso ciechi e sordi i miei sensi e la mia ratio.
Ma perchè è storia ed è paradigma che non tutti i figli trovino adeguato spazio nella tavola dei commensali.E perchè anche se un cantuccio ti è riservato, e da quello osservi quel mondo andare alla rovina o all'incanto,ebbene, giorno dopo giorno ti accorgi che non c'è altra scelta che l'esilio.L'esilio è quello spazio dove si realizza la comprensione della solitudine.Quello stato ovvero che descrive alla perfezione la nostra " essenza finita " e te la spiaccica crudele sotto gli occhi.Quella dimensione in cui tutti siamo tutti cittadini del mondo e la nostra appartenenza si eleva a quella ontologica degli spiriti vaganti, senza passaporti nè bandiere.Ma con una accidentale identità di lingua e cultura.La non appartenenza non è una scelta deliberata.Spesso avviene per negazione.Sei stato rifiutato oppure ti sei sentito cosi' e questo basta.Raramente, tempo dopo, si realizza un ricongiungimento.Quella sorta di miracoloso ritrovarsi emotivo e intellettuale che appunto quasi mai accade.Chi sceglie l'esilio si abitua ad abitare la distanza e guarda tutto da quella collina privilegiata ma irrimediabilmente triste :Perchè il bambino inerte sogna l'abbraccio del padre e non la pacca sulla spalla del passante ammirato.Quel bambino un giorno diventerà un ragazzo e crescerà con quel vuoto che la sua patria o la sua famiglia gli hanno lasciato.Costui lavorerà per il successo in funzione di quel riconoscimento paterno che raramente sarà grande abbastanza.L'esilio porta infatti alla " estraneità " e disinnesca il meccanismo dell'identificazione.L'esilio ti porta in fretta di fronte al dramma ( e alla grandezza ) dell'uomo.Alle domande estreme dell'esistenza.Da quel luogo è piu' facile parlarsi e darsi delle risposte importanti perchè si è piu' liberi dai giudizi e dalle influenze altrui.Quello è il luogo in cui appunto la libertà trova compiutezza e ti regala gli elementi per nutrirti.Ti dona modo di rimetterti in piedi e di percorrere il tuo cammino.Tragitto che pero' non sarà mai lo stesso di quello precedente nè mai piu' lo diventerà.Quel percorso ti porterà a confronto con altre realtà, con altri luoghi, con altri modi di intendere la vita.Con cose che ti piacciono e che cercavi ma anche con cose indesiderabili o complesse da capire.Quelle dimensioni potranno anche darti il benvenuto e salutare la tua diversità come un arricchimento per loro.Quelle dimensioni ti daranno il diritto di esistenza e espressione.Anche quel " po di buon esito delle cose "( o " successo " come dir si voglia ) che servirà a fortificare la fede in sè e nel proprio agire.Ma quelle dimensioni non potranno darti l'appartenenza.Perchè ci sono case che una volta abbandonate non si trovano piu'.Ci sono strade che una volta percorse diventano memoria.Ci sono storie che abbiamo abitato e che si sono perse nel vento.Per sempre.Chi è padre o madre non manchi mai di dare ai suoi figli il terreno sotto i piedi per camminare.Terra che non è solo pane da morsicare e " Roba " accumulata ma soprattutto amore.Quell'amore che tutti noi, assetati di vita e moribondi dell'anima , inseguiamo disperati ora con allegria ora con tristezza.

Nessun commento: