Con questa citazione di don Lorenzo Milani commentavo ieri su facebook la strage a Firenze!!Oggi qui in toscana non si parla di altro,e allora credo che bisogna veramente a cominciare a riflettere anche perchè se non vogliamo veramente buttare al vento la nostra qualità,anzi l’essenza stessa del nostro essere uomini e donne,dobbiamo interrogarci se siamo ancora individui sociali e se la società che abbiamo costruito (e stiamo costruendo,perché la società è continuamente in evoluzione) è essa stessa ancora sociale e soprattutto civile.Siamo civili quando incrociando qualcuno per strada,se è un povero,uno straniero, uno diverso dal nostro “canone” di normalità distogliamo lo sguardo e istintivamente affrettiamo il passo?Siamo civili quando,frustrati dalle nostre sconfitte e dalle ingiustizie che la società riserva anche a noi “primi arrivati”,ci sfoghiamo con quelli che riteniamo sotto di noi,che siano stranieri o italiani di “serie B”?Siamo civili quando tolleriamo senza una parola, che esista un razzismo strisciante verso gli stranieri e perfino verso una parte del nostro paese?
E che per di più ciò sia manifestato impunemente anche da un partito che è stato al governo nazionale e amministra regioni e città? Un razzismo strisciante che se non combattuto e rimosso, rischia di portare ad altre stragi come quella d'ieri o quella che si è evitata solo per caso,a Torino?Siamo civili quando neghiamo la cittadinanza a bambini nati nel nostro paese da genitori che vi lavorano da anni e pagano le tasse regolarmente,che parlano un italiano migliore di molti e che spesso amano il nostro paese più di noi?La conferma e questo pezzo che ho pubblicato qualche giorno fa di un amica albanese (Leggi:Io penso in Italiano)..Io me le sono poste queste domande,e in tutta coscienza e sincerità,non mi sento tanto civile, perché subisco tutto questo senza reagire con abbastanza durezza, senza indignarmi in maniera abbastanza costruttiva contro questo paese razzista!!E se devo dirvi la verità,in certi momenti,come oggi,mi sento molto stanco e avvilito e sconfitto nel mio essere una persona civile.
Come dicevo ieri non voglio più sentire chi dice "non sono razzista,però!" non giustifico,non comprendo,non accetto più chi dice questo,o si è razzisti o non lo si è,senza però..Certo come dicevo prima questa è la conseguenza di troppi anni in cui si è cercato negli stranieri il capro espiatorio della nostra crisi economica,identitaria e sociale e troppi politici hanno brandito l’arma della violenza dei clandestini, (che c’è, nessuno lo vuol negare, ma non è certo un loro segno distintivo o un binomio inscindibile) per ottenere facili voti in cambio di legalità e sicurezza contando sulla debolezza e la paura di certa parte della popolazione.Legalità e sicurezza che però poi non sono aumentate, mentre è aumento il sentimento del razzismo.Parlo della Lega ma anche di certa destra,come quella di Alemanno,ad esempio, che vinse le elezioni sfruttando biecamente un fatto di sangue di cui fu vittima una signora romana proprio nel periodo elettorale.Il suo slogan fu: “Io ripulirò la città, i romani potranno passeggiare senza paura in una Roma finalmente tranquilla!Vinse sull’imbelle Rutelli ma com’è Roma oggi? Peggio di prima, sembra Chigago degli anni ’30,c’è un fatto si sangue al giorno. Questo per dire che il nostro degrado sociale ed economico, le ingiustizie che subiamo,il nostro progressivo impoverimento (che i tagli dal basso della nuova manovra aumenterà), la giustizia “ingiusta”, non possono esser ascritti agli stranieri e scatenare il nostro odio verso di loro. Se siamo un paese in declino non lo dobbiamo agli stranieri,lo dobbiamo a noi stessi che non siamo stati capaci di rinnovarci come nazione, nei nostri valori fondanti: giustizia,eguaglianza,laicità dello Stato, lavoro e sviluppo economico sostenibile con la realtà sociale. E la gran parte di stranieri,di tutti i paesi del mondo,che vivono e lavorano con noi, non sono certo venuti a minare questi principi, semmai costituiscono una risorsa di stimolo e di rinnovamento. Questi princìpi sono resi fragili dalla nostra cattiva politica e dai nostri cattivi comportamenti.Se non cambiamo quelli, “il razzismo” non ci salverà certo, ci renderà solo ancora più barbari e infelici.
Per concludere lascio il link di un mio vecchio pezzo:Dalle valigie di cartone agli sbarchi a Lampedusa!!!! Paese senza memoria e sempre più razzista!!!
PICCOLO MONDO RAZZISTA di Anna Lombroso per il Simplicissimus
Se il razzismo è una patologia della mente, allora diamo ragione a che dice che la recrudescenza va attribuita alla presenza fastidiosa e molesta di negri, gialli, ebrei, islamici, zingari, omosessuali. Invece non è una malattia, lo sterminatore di Firenze non è un pazzo, i gentili torinesi promotori del pogrom erano sì contagiati ma solo dall’infamia.È perfino ovvio ricordare per l’ennesima volta – l’epidemia si riaffaccia spesso – che il male è banale che le azioni sono mostruose ma chi le ha commesse è invece “normale” un uomo mediocre, uno di noi che se non è demoniaco nel perpetrarle lo è nel guardar passare treni senza voler sapere dove vanno.Tanti si sono chiesti, ma credo sia una esercitazione inutile, se esistano predisposizioni individuali al pregiudizio razziale. E’ invece vero che le convinzioni economiche, sociali, e politiche di un individuo formano una “mentalita’ che si forma certo nell’ infanzia, in seno alla famiglia ma che si evolve sotto l’influenza dell’ambiente sociale, che se è autoritario, antidemocratico, conservatore, orientata politicamente a destra ed influenzata da una ideologia etnocentrica allora dà luogo a uomini che odiano altri uomini.
E pare che questa Europa, ubbidiente a una economia avida e rapace, idolatri anche altri mostri, scaturiti da dottrine e opinioni diventate vere e proprie ideologie, fondate su una opinione unica, che si accredita come detentrice a un tempo della chiave della storia, della soluzione per ogni enigma, della conoscenza profonda delle leggi universali che si ritiene governino la natura e l’uomo.
Così l’ammirazione di fan entusiasti per Voltaire e per la libertà di espressione diventa colpevole acquiescenza se permette invece che i principi più disumani si trasformino in armi politiche, prima, e in armi vere e proprie poi grazie alla “tolleranza” illuminata dei confronti di revisionismi, Casa Pound, Militia, pacificazione, leghismo. Dando licenza di segregare, escludere, respingere, uccidere, a movimenti vigliacchi e a gente spaventata dall’irruzione nei loro mondi di qualcos’altro, che sfida antiche certezze di superiorità, consolidate identità, principi ritenuti fino a ieri indiscutibili.
Si è permesso in nome della libertà di limitarla dentro a spazi privilegiati, circondati di piccoli muri interni, interdetti e coatti, tanti e proporzionali all’indebolirsi dei grandi muri di confine e di frontiera che una volta circondavano il territorio protetto e sovrano degli Stati. E attribuendo ad essi l’arbitrario potere di tutelare le esistenze “rilevanti” da quelle “irrilevanti”.
Non ci sono più le colonne d’Ercole, ma ci sono i lager, le zattere dei naufraghi, i campi ai margini delle città, aree degradate, “dedicate” e recintate, in cui conferire e confinare i rifiutati come in discariche.Non si tratta di due livelli di cittadinanza: da una parte noi democraticamente garantiti, dall’altra i senza diritti, quelli che sono soggetti giuridici solo per essere colpiti dalla pena o per osservare doveri e leggi. Peraltro temuti, commercialmente pericolosi, “inquinanti” perché hanno altre voci, altri colori, altri cibi, altri dei.
Ci sono momenti storici in cui il razzismo e’ debole, limitato, secondario, una quasi anodina xenofobia, che da’ luogo a tensioni interculturali. In altri momenti, invece, il razzismo travolge tutto quanto trova sul suo cammino, struttura la vita politica e sociale, anima il cambiamento, organizza la guerra. È quando prevalgono la diffidenza, il rancore per poveri più poveri che minacciano il nostro effimero, la paura degli altri che riduce all’isolamento tra uguali, in una dimensione solipsistica e difensiva, piena di livore, chiusa e ottusa. È allora che fa la sua comparsa la violenza, diffusa o localizzata, quella istituzionale della discriminazione, del respingimento e della repressione, e quella privata che si alimenta intorno a sacche in cui la miseria e la disoccupazione competono con l’emarginazione di gruppi etnici.In Italia da anni il razzismo è il principio attivo di una forza politica, suscita dibattiti ed esercita pressioni, mobilita ampie fasce di popolazione, nutre un senso comune confuso e influenzabile.
Ora è aiutato da un clima di regime improntato a ritenere i diritti secondari rispetto ai bisogni e alla necessità, inteso a creare gerarchie della socialità e graduatorie umane, di generazione, sesso, etnia, inclinazione. E un sedicente “matto” , banale e mediocre cittadino bianco, testimonia sia pure nel modo più aberrante di una opinione molto pubblica, troppo tollerata, tremendamente condivisa sia pure nei modi educati della moderna discriminazione, pronta a diventare maleducata e violenta.Eppure in un mondo sempre più piccolo siamo tutti orfani di una casa che non c’è più, siamo tutti stranieri tra stranieri. Dovremmo invece essere solo umani tra umani per fare dell’aiuola che ci fa tanto feroci, una piazza nella quale ragionare insieme
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