6 lug 2011

Vinicius de Moraes "Per vivere un grande amore

Sull’albero di fronte
avrò fatto sistemare un altoparlante con cui gli uccellini
amplifichino i loro canti allegri per il tuo languido risveglio.
Ti sveglierai felice sotto il lenzuolo di lino antico
con un raggio di sole che gioca nell’incavo dei tuoi seni
e mi darai la bocca in fiore;
le mie mani amanti ti cercheranno a lungo e tu verrai da lontano,
amica dal fondo del tuo essere di sonno e piume per accogliermi;
il nostro godimento sarà sereno e lento,
riposerò in te come l’uomo sul suo tumulo,
poiché nulla ci sarà al di fuori di noi.
Il nostro amore sarà semplice e senza tempo.
Poi saluteremo il chiarore.
Tu dirai buongiorno al soffitto che ci ripara
e allo specchio che raccoglie la tua rapida nudità.
Dopo avremo fame:ci sarà tè dell’India
per saziare la nostra sete e miele per raddolcire il nostro pane.
Soddisfatti,resteremo come due fratelli che si amano al di là del sangue
e fumeremo insieme la nostra prima sigaretta del mattino.
Solo allora ci separeremo.
Tu mi domanderai e io ti risponderò,
guardando con tenerezza le mie gambe che l’amore ha placato,
ricordandomi che esse hanno camminato molte leghe di donne fino a scoprirti.
Penserò che tu sei l’ultimo fiore di questa mia disperata ricerca;
che in te si è fatta l’unità.
All’improvviso, sarò triste e solo come un uomo,
vagamente attento ai rumori distanti della città,
mentre assurda ti affaccendi nel tuo quotidiano,
smarrita, ah così smarrita da me.
Sentirò qualcosa che si chiude nel mio petto come una porta pesante.
Sarò geloso della luce che ti configura e di te stessa che ti lasci vivere,
quando dovrest seguire con me come il giovane albero lungo la corrente di un fiume
in cerca dell’abisso.
Mi viene l’angoscia del limite che ci rende antagonisti.
Vedo la calotta d’aria che ti circonda – lo spazio
che separa i nostri tempi.
La tua forma è un’altra: troppo bella, forse,
per poter essere totalmente mia.
Il tuo respiro ubbidisce a un ritmo diverso.
Tu sei donna.Tu hai seni, lacrime e petali.
Intorno a te l’aria diventa profumo.
Fuori di me sei pura immagine;
in me sei come un uccello che io soggiogo,
come il pane che mastico,
come una segreta fontana socchiusa in cui bevo,
come un residuo di nuvola su cui riposo.
Ma nulla vi riesce a strapparti alla tua ostinazione di essere,
fuori di me – e io soffro,
amata che tu non mi sia di più.Ma tutto è nulla.
Guardo all’improvviso il tuo volto,
dov’è incisa tutta la storia della vita,
il tuo corpo che dirompe in fiori,
il tuo ventre fertile.
Ti muove un’infinita pazienza.
Nella nicchia del tuo sesso ci sono io, le mie poesie,
 i miei dolori le mie resurrezioni.
I tuoi seni sono brocche di latte con cui sazi la fame universale.
Sei donna come foglia, come fiore e come frutto
e io sono semplicemente solo.
Schiavo di te mi accomiato da me,
continuo a camminare alla tua grande piccolina ombra.
Ti vedrò fare il bagno laverò da te ciò che è rimasto del nostro amore
mentre cerco nella mia mente qualcosa da dirti di stupefacente.
Ma tutto è nulla.
Sono i tuoi gesti a parlare,
la contrazione delle labbra in modo da stirare meglio la pelle per darti la crema,
la bocca lievemente socchiusa con cui mistificare meglio l’eterna immagine
nell’eterno specchio.
E allora, disperato parto da te,
sono cacciatore di tigri nel Bengala
alpinista sul Tibet, monaco a Cintra,
speleologo in Patagonia.
Passo tre mesi in una zattera in pieno oceano per provare l’origine polinesiana dei maia.
Mi nutro di plancton, parlo con i gabbiani,
affido al mare poesie in una bottiglia,
finisco per naufragare sulle coste di Antofagasta.
Time, Life e Paris Match mi dedicano grandi servizi.
Mi fanno l’Uomo dell’Anno” e candidato sicuro al Premio Nobel.
Ma ecco che mangi una pesca.
Il tuo labbro inferiore si piega sotto la polpa,
il succo scorre sul tuo mento,
cade una goccia sul tuo seno e tu ridi.
Il tuo riso disgrega gli atomi.
Lo specchio si polverizza,
il tubo di scarico si fonde quantità insospettate di stronzio-90
si accumulano negli strati superiori del bagno
solo i geni dei miei pronipoti potranno dare una prova precisa della tua immensa radioattività.
Tu ridi, amica e mi baci sapendo di pesca.
E io ti amoda morire.
Dentro di me cerco di allontanare le mie paure: “No, lei mi ama…”.
Me lo dico per convincermi,
mentre sento i tuoi seni sbocciare nelle mie mani
e contrarsi le tue natiche.
Vuoi rimanere incinta immediatamente.
C’è in te un improvviso desiderio di carciofi.
Vorresti un parto indolore alla luce della teoria dei riflessi condizionati di Pavlov.
Poi, sorridendotaci.
Odio il tuo silenzioche non mi appartiene,
che non è di nessuno: il tuo silenzio popolato di ricordi.
Ti schiaffeggio e corro a tagliarmi le vene con una lametta-blu;
il mio sangue sgorga come una richiesta di perdono.
Apri la tua scatola del cucito e cuci col filo giallo il mio polso abbandonato,
che è per associare bene i colori;
dopo mi fai succhiare la tua carotide,
in una lunga,lenta trasfusione.
Io convalescente cominci a uscire:
sei stata dal parrucchiere.Scruto il tuo viso.
Mi sento tradito,deliquescente,sul punto di piangere.
Ma ti avvicini solo con la giacca del pigiama e posi la mia mano sulla tua gamba.
E allora io canto:tu sei la donna amata: distruggimi!
La tua bellezza corrode la mia carne come un acido!
Il tuo segnoè quello della distruzione!
Nulla resta dopo di te se non rovine!
Tu sei il senso di tutto il mio inutile,
la causa della mia intollerabile permanenza!
Tu sei una contraffazione dell’aurora!
Amore, amata tu sia benedetta:
tu e la tua impassibilità.
Benedetta tu sia tu che crei la vertigine nella calma,
la calma in seno alla passione.
Benedetta tu sia tu che lasci l’uomo nudo di fronte a se stesso,
che abbatti le fondamenta del quotidiano.
Magico è il tuo viso nella grande oscurità dell’esistenza.
Sì, magico è il viso di colei che non vuole se non l’abisso
dell’essere amato.
Ci sia lei per smentire la falsa donna,
colei che si veste di inutili panni e inutili danni.
Lei possa, ogni giorno rinnovare il tempo,
trasformare un’ora in un minuto.
Ella sia colei che nega ogni vanità,
colei che costruisce tutto il silenzio.
Cammini al fianco dell’uomo nella sua antica,
solitaria marcia verso l’ignoto – questa eterna coppia
con cui comincia e finisce il mondo
lei che ora lontano da me,vicino a me,
mentre vive della costante presenza della mia nostalgia
è più che mai la mia amata: la mia amata e la mia amica
colei che mi sparge di olio santo ed è la depositaria dei miei canti
la mia amica mai superabile
la mia inseparabile nemica.

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