19 apr 2011

"Il nome del popolo italiano" con Tognazzi e Gassman

Qualche giorno fa Fabio Volo a Radio Deejey ha passato un pezzo di questo film "Il nome del popolo italiano"di Dino Risi,è una pellicola molto vecchia del 1971,però nel vederla colpisce vedere che a distanza di quattro decenni,non è vermanete  cambiato niente.Certo erano altri tempi,altro cinema,altri registi altri attori.Oggi certe pellicole ce le sogniamo,così come pure certe sceneggiature.Semplicemente "mostruosi" Tognazzi e Gassman....Un film stupendo,un'immagine ad ampio specchio della nostra Bell'Italia,quasi non cambiata in questi 40 anni,tranne per il fatto che i mascalzoni non vengono più incastrati (sarebbe uno spoiler se la trama non dicesse già tutto).Un'italia "desemplificata",mafiosa, paralizzata nelle sue strade distrutte dalla necessità di poterle rifare in tempo per le elezioni,un italia in cui "si combina di più in un ristorante,e in un letto,di quanto si possa fare in una sala convegni"
Per chi ne ha un minimo di nozione e di memoria non è difficile scorgere nei due protagonisti tratti comuni a personaggi ben noti oggi alla politica come l’”imprenditore” Silvio Berlusconi e il “giudice” Antonio Di Pietro a dimostrazione di quelloc he dicevo della grande attualità del gioiello di Risi.Il “fascismo pragmatico” del Cavaliere e il “legalitarismo” dell’eroe di Mani Pulite sono chiaramente riconoscibili allo spettatore contemporaneo e pongono un serio interrogativo:quanto è realmente cambiato il nostro paese da allora ?A ben vedere sussistono importanti differenze fra i personaggi resi da Gassman e da Tognazzi e i citati protagonisti attuali della scena politica italiana.Santenocito è un gaglioffo e un approfittatore ma con una parlantina ostentatamente “futurista” – a proposito di centenari !e una carica di istrionismo che lo rendono sicuramente più simpatico e carismatico del Cavalier Berlusconi mentre il giudice Bonifazi è troppo austero e dolente per assomigliare realmente a Di Pietro,ma soprattutto sia Santenocito che Bonifazi si sognano di fare politica direttamente.Il primo preferisce corromperli ,quei politici che ,fra l’altro ,disprezza e il secondo è vincolato al suo ruolo istituzionale così saldamente che per lui sarebbe inconcepibile dedicarsi ad un’altra carriera. Così nell’opera risiana la politica ,quella concepita e realizzata nelle stanze e nelle segreterie dei partiti,viene solo sfiorata anche se il giudizio che se ne ricava è netto e tranciante… I politici e gli amministratori sono elementi corrotti della società e compiacenti nei confronti dei potenti.Ad un’attenta visione neanche il giudice Bonifazi e l’imprenditore edile Santenocito appaiono come i veri protagonisti del film,ma i comprimari di quel popolo italiano nel nome del quale si amministra la Giustizia. Per comprendere le ragioni di questa affermazione occorre spendere qualche parola sulla trama dell’opera…

TRAMA
Nell’Italia degli anni Settanta un pretore della capitale si erge ad accanito persecutore di imprenditori e speculatori disonesti. Il paese è preda di un declino morale e civile che pare inarrestabile testimoniato da un paesaggio ferito e oltraggiato : fiumi inquinati , boschi bruciati , strade pericolanti e piene di crepe , fauna assassinata , ecc… Dominano gli interessi forti conseguiti a mezzo degli strumenti della corruzione e il panorama mostrato suggerisce un degrado morale e un’incuria diffusa. Pure il palazzo di Giustizia è soggetto a pericolosi crolli e cedimenti strutturali ! Il giudice Bonifazi ha ora per le mani il caso di una ragazza apparentemente suicida,ma che,presto,cattura il suo interesse.Tossicodipendente e dedita alla prostituzione,la ragazza frequentava anche l’importante industriale ed imprenditore edile Santenocito, un uomo che per l’arricchimento, non solo esita a elargire e corrompere,ma,senza alcun riguardo per il territorio e per il paesaggio,inquina e fa incendiare boschi per creare terreni edificabili.

Bonifazi si convince che la ragazza sia stata assassinata e che proprio Santenocito sia implicato nell’omicidio..Del giudice Bonifazi emergono una rigidità che mal si sposa con la realtà circostante e un certo fastidioso moralismo.Ad un certo punto,ancora quasi agli inizi delle pellicole , il medico legale lo avverte “Ma lo volete capire voi giudici che al popolo italiano in nome del quale pretendete di esercitare la giustizia non gliene frega assolutamente niente e che vuole essere come i Santenocito di questo mondo ?Una frase che dovremo tenere a mente…Santenocito è,senza mezzi termini,un figlio di mignotta che ha fatto fortuna speculando durante la guerra,ha contratto un matrimonio di puro interesse ed ha inclinazioni fascistoidi.Lo scopriamo anche coinvolto in giri di droga e prostituzione d’alto bordo.Per salvare sé stesso dalla galera non avrà esitazioni a far rinchiudere in manicomio l’anziano padre che si era rifiutato di rendere una falsa testimonianza.Accanito e testardo,Bonifazi riuscirà alfine a far rinviare a giudizio e a far arrestare Santenocito anche perché l’alibi di quest’ultimo lo incriminerebbe per un altro reato,un incendio boschivo.Il finale de “In nome del popolo italiano” è da antologia,cupo e doloroso come pochi, quasi disperato e,per questo merita di essere raccontato…

La scena si svolge per le vie di una Roma desolata ,quasi vuota da sembrare estate.La gente è chiusa a casa per consumare quel rito che,quasi in esclusiva ,cementa le masse del nostro paese :la partita della nazionale italiana di calcio.Si tratta di un incontro immaginario nello stadio di Wembley contro la nazionale inglese.Per le vie della capitale,le sue strade periferiche,solo qualche ragazzino isolato e il nostro giudice Bonifazi intento a leggere il quaderno della ragazza,una specie di diario che scagiona completamente l’imprenditore.Questo vagare del magistrato,assorto nella lettura,nel silenzio generale di piazze e strade,rende tutta l’idea della sua solitudine.Il paese se ne frega,appunto,tutto concentrato nella ricerca di una rivincita calcistica nei confronti dei britannici ..Dalla lettura se nevicava un quadro sordido,una ragazza vittima di un contesto sociale amorale e spietato,una giovane che,ormai,non ha più voglia di vivere…Con il suo ragazzo vive una storia impossibile,Santenocito e soci la sfruttano così pure i genitori che sulla prostituzione della figlia campano,l’uso della droga regge il peso della sua vita.Le pagine del quaderno confessano inequivocabilmente il suicidio della ragazza..L’abilità di Risi,in un periodo in vena di “ideologismi,si dimostra anche nella sua capacità di scansare la trappola del discorso “politicizzato” e a tesi.Ormai quasi convinto a procedere alla scarcerazione di Santenocito e a far archiviare il caso,Bonifazi viene distratto da un urlo di gioia:l’Italia ha battuto l’Inghilterra!Tutti si riversano per le strade e la baraonda che si scatena assume agli occhi del magistrato un carattere allucinatoria.La sua consapevolezza diventa una nuova ossessione…Fra l’umanità varia,allegra e cialtronesca,a Bonifazi pare di vedere il volto di Santenocito stampato sui corpi di alcuni “mostri” della nostra società.Un prete,un vecchio nostalgico,un parà,una puttana, ecc… Il peggio degli italiani con tutta la sua violenza,la sua aggressività,la sua amoralità,la sua sciatteria,la sua cialtroneria,la sua volgarità,la sua inciviltà e la sua maleducazione trova la sua più efficacie rappresentazione nel multiforme istrionismo di Gassman che ripropone parecchi dei suoi personaggi de “I mostri”.Un gruppuscolo di tifosi ultrà capeggiati sempre da Gassman rovescia e provoca l’incendio dell’auto di una turista inglese… Smarrito,amareggiato e disgustato,libero dal suo pregiudizio da giudice,Bonifazi tocca con mano il popolo italiano in nome del quale esercita la sua funzione istituzionale.Santenocito stesso non è che un prodotto,il figlio della società,piuttosto che la causa dei mali.Almeno questo è quanto si ricava da una attenta e non superficiale visione del finale del film che,comunque,si presta a più interpretazioni.Se non ha più senso amministrare la giustizia in nome di un popolo che quotidianamente la calpesta,allora è meglio spogliarsi della toga.Bonifazi getta il quaderno sull’auto in fiamme condannando Santenocito,moralmente e senza appello.

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