Una storia intensa ed emozionante,in cui la musica si eleva a strumento di un racconto che non conosce limiti,come l’immensità dell’oceano ..sulla nave scorrono via emozioni,storie,sguardi che la mano magica di Novecento fa scorre veloce tra i tasti d’ebano e d’avorio,creando una poesia immortale,trasformandole in pura armonia.Ben fatto pure il film di Salvatores che consiglio di vedere con un'ottima fotografia,un’avvolgente ambientazione ed una coinvolgente colonna sonora fanno di questa pellicola una piccola meraviglia del cinema italiano,che pur con qualche lungaggine di troppo e qualche piccola forzatura,non scende mai di tono...
Insomma un capolavoro,anche perchè penso sia la metafora di ognuno di noi,della nostra nave "che è la vita" e delle nostre paure a scendere da essa,della nostra musica e dei nostri 88 tasti di pianoforte che ci danno sicurezza perchè sono 88 e non infiniti come la terraferma.Il film (e il monologo)sono la strepitosa metafora di tutto ciò: "suonavamo ogni sera,perchè l'Oceano è grande,e fa paura!"altra citazione:Succedeva sempre che a un certo punto uno alzava la testa… e la vedeva. E’ una cosa difficile da capire. Voglio dire… Ci stavamo in più di mille, su quella nave, tra ricconi in viaggio, e emigranti, e gente strana, e noi… Eppure c’era sempre uno, uno solo, uno che per primo… la vedeva. Magari era lì che stava mangiando, o passeggiando, semplicemente, sul ponte…magari era lì che si stava aggiustando i pantaloni… alzava la testa un attimo, buttava un occhio verso il mare… e la vedeva. Allora si inchiodava, lì dov’era, gli partiva il cuore a mille, e, sempre, tutte le maledette volte, giuro, sempre, si girava verso di noi, verso la nave, verso tutti, e gridava: l’America.”
E' un capolavoro,da vedere e anche da leggere...per chi sa ascoltarlo.
Trama:
Un neonato viene trovato in un cesto nascosto a bordo del transatlantico Virginian che fa il percorso “tra l'Europa e l'America. Lo prende con sé un operaio fuochista e gli dà il nome di Novecento, in omaggio al ventesimo secolo che sta cominciando. Novecento rimane sulla nave e, dopo la morte del padre adottivo, tutto l'equipaggio lo aiuta a crescere. Il ragazzino osserva il variopinto mondo dei passeggeri: i ricchi signori in prima classe, gli emigranti che sognano una nuova vita in America, le ragazze, le merci, la confusione. Da adulto, Novecento si accorge che suonare il piano è il suo grande interesse.Cosi comincia, allieta le serata in sala da ballo con l'orchestra, e la fama della sua bravura si diffonde anche a terra.Un giorno,raggiunto da queste notizie, Jelly Roll Morton,il più grande pianista jazz sale a bordo per lanciargli una sfida pianistica.Novecento accetta e,dopo una fase iniziale di incertezza, si riprende e vince. Qualche tempo dopo, Novecento annuncia all'amico Max che ha deciso di scendere a terra.Ma quando è a metà della scaletta,guarda i grattacieli di New York e torna indietro.Dopo la seconda guerra mondiale,il Virginian deve essere demolito.Max sa che Novecento è ancora sopra,lo trova cerca di farlo scendere,senza successo.La nave viene fatta esplodere.E Max continua a raccontare una storia alla quale nessuno crede Monologo finale
Non è quel che vidi che mi fermò, ma quello che non vidi.
Lo cercai ma non c'era in tutta quella sterminata città c'era tutto tranne.
C'era tutto.
Ma non c'era una fine. Quel che non vidi era dove finiva tutto quello. La fine del mondo.
Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti loro. Tu sei infinito. Questo a me piace. Questo lo si può vivere.
Ma se tu.
Ma sei io salgo sulla scaletta e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi.
Milioni e miliardi di tasti che non finiscono mai e questa è la verità che non finiscono mai e quella tastiera è infinita.
Se questa tastiera è infinita allora.
Su quella tastiera non c'è musica che puoi suonare. Ti sei seduto sul seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio.
Cristo ma le vedevi le strade?
Anche solo le strade ce n'era a migliaia come fate voi laggiù a sceglierne una.
A scegliere una donna.
Una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire.
Tutto quel mondo.
Quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce.
E quanto ce nè.
Non avete mai paura voi di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell'enormità, solo a pensarla? A viverla...
Io sono nato su quetsa nave. E qui il mondo passava ma a duemila persone per volta. E di desideri ce n'erano anche qui ma non più di quelli che ci potevano stare tra una prua ed una poppa. Suonavi la tua felicità su una tastiera che non era infinita.
Io ho imparato così. La terra, quella nave è troppo grande per me. E' un viaggio troppo lungo. E' una don a troppo bella. E' un profumo troppo forte. E' una musica che non so suonare. Perdonami ma io non scenderò. Lasciami tornare indietro.....
2 commenti:
ahhhh ...come scrive Baricco !
LO ADORO !
^_____^
Non si direbbe ...hahahahaha ho appena visto i tuoi commenti su Fb... e devo ammettere che sei proprio devota a Barrico..ciao cara!!
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