Oggi voglio parlare di questo libro di Guccini,NON SO CHE VISO AVESSE è la sua ultima fatica editoriale,una biografia anzi,meglio dire come specifia lo stesso Franceso una quasi biografia,sinceramente varie biografie le trovo tristi autocelebrazioni insignificanti...non è per questa!!lo trovo ironico e mai banale,pungente e sarcastico,come sempre poi usa l'unico modo per lui possibile:fingendo di parlare d’altro,per raccontare tutto di sé.
Francesco nasce a Modena,ma inizia a parlare di sé da Pàvana,dal mulino del nonno e dal mondo che lo circonda,"un complesso ancora arcaico,un mondo sopravvissuto così fino alla fine degli anni Cinquanta".
Lassù scorre il torrente Limentra,che d'estate era il regno dei giochi dei ragazzi.Capire quel mondo,attraverso questo libro,aiuta a comprendere l'identità di Guccini «uomo di bosco e di fiume,lavoro e di povertà», ma anche «uomo sereno di dentro,come i pesci e gli uccelli che con me dividevano il cielo, l'acqua e la libertà».L'autore ci tiene molto a ribadire questa identità, fissandola negli scritti e rivendicandola nelle canzoni,come se quella fosse il bagaglio genetico e antropologico di una vita che poi gli ha dato tanto in termini di fama, successo e notorietà. Dai castagni,dalle «foglie del cerro»,
dagli «intrichi del faggio»,dagli odori di quella montagna tanto amata,la biografia scorre con naturalezza agli altri episodi chiave della vita dell'autore:il ritorno e l'adolescenza a Modena,poi la Bologna dell'università e delle osterie.Guccini,che a ventidue anni aveva già tentato le carriere di studente universitario di giornalista e di cantante,con diversi gruppi dai nomi improbabili, dalla fine del '63 È a Bologna, in via Paolo Fabbri 43,quando si reiscrive all'università di Magistero e si mette in luce alle lezioni di Letteratura italiana.Poi le cose cominceranno ad andargli bene un po' in tutti i campi e nel '64 compone un trittico di canzoni che segnano la svolta:Auschwitz,È dall'amore che nasce l'uomo e Noi non ci saremo.Da quel momento in avanti ce n'è abbastanza per cambiare vita e Guccini nel '66 diviene il cantore simbolo della protesta,della ribellione giovanile esplosa nel '68. Nel '72esce La Locomotiva,canzone ispirata a una storia vera di un «macchinista ferroviere» dei primi del Novecento che lancia la sua locomotiva contro un «treno di signori» per ansia di giustizia,che È divenuta negli anni a seguire l'inno libertario cult, quello che per antonomasia identifica Guccini,la chiusa "necessaria" scandita nei suoi concerti in un tripudio di cori e pugni chiusi.
Guccino/nomadi:
Eqipe 84
Non so che viso avesse,è proprio la strofa introduttiva della Locomotiva,è il titolo di questa biografia:Si conclude così la prima parte di questa autobiografia molto particolare,a temi più che cronologica,composta da ricordi,più che da fatti.
La seconda parte del libro è firmata da Alberto Bertoni ed è una vera biografia, Vita e opere di Francesco...Ma più che una biografia(di Francesco sappiamo già molto e molto si è dedotto dalla prima parte del libro),Bertoni,offre delle rapide e autorevoli analisi dei primi importanti testi delle canzoni di Guccini,procedendo poi,in ordine di uscita..."La sua poetica giovanile combina diversi influssi. A prevalere è innanzi tutto l'interesse verso la generazione alternativa americana, che prendeva le mosse dal Kerouac di On the road;e poi,ovviamente, verso la rivoluzione di costume introdotta nella scena antropologica e spettacolare inglese dai Beatles e dai Rolling Stones,anche se il ruolo di choc originario lo ha rivestito il folk di Bob Dylan e Joan Baez".
E poi "l'eco degli chansonniers francesi",la scuola genovese e quella milanese,l'esperienza torinese di Cantacroniche:"centralità della parola e l'apertura della canzone a tematiche sociali e politiche". Ecco poi il procedere,canzone dopo canzone,disco dopo disco, verso dopo verso,di una carriera basata sulla coerenza e sulla forza della parola...
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