E' il duro e toccante ricordo di quei lunghissimi giorni del 1992 nella città (asssediata)di Sarajevo,e in queste pagine l'autore lo fa attraverso una storia di una bambina e di un coraggioso giornalista...Sarajevo,era lam città famosa come la Gerusalemme europea,dal fatto che le tre principali religioni del mondo vi coabitavano,Sarajevo che ha subito immense devastazioni fisiche e psicologiche durante quegli anni d'assedio,il più lungo della storia bellica moderna.Tutto ebbe inizio il 5 aprile del 1992, quando la Bosnia Erzegovina veniva riconosciuta come stato indipendente dalla comunità europea,ed entrava a far parte delle nazioni unite.Nel frattempo le forze paramilitari serbo-bosniache e l’armata popolare jugoslava, cominciarono a posizionare un gran numero di materiale bellico attorno alle colline della città.Il 2 maggio del 1992, bloccarono tutte le strade d’accesso a Sarajevo, era cominciato l’assedio.Per quattro anni gli abitanti di Sarajevo sono stati privati di cibo e acqua,energia elettrica e riscaldamento, attraversando momenti drammatici, sotto i continui attacchi dell’artiglieria serba.L’unica via di fuga era rappresentata dal tunnel scavato accanto l’aeroporto.. Nascosti nelle colline dei dintorni,i cecchini serbi,sparavano ai civili che uscivano per la strada.Ratko Mladic comandande delle forze serbe,ordinò di sparare ad oltranza e di mirare ai civili, con lo scopo di ridurli alla follia….
Si è stimato che le vittime furono 10615, di cui 1600 bambini, con più di 50.000 feriti...E tornado al libro Franco racconta una storia che lui stesso ha vissuto in prima persona, lui giornalista e inviato di guerra,lui che viveva all’Holiday Hinn,hotel costruito per i giochi olimpici del 1984,ma che durante gli anni del conflitto fu la sede dei giornalisti provenienti dall’estero,essendo l’unico hotel in funzione.E da qui parte la storia del libro,sì perchè la guerra uccide,ma qualche volta può salvare una vita.
E questa un inviato televisivo è riuscito a salvare una preziosa:quella di una bambina di un orfanotrofio. Una neonata che nel 1992,durante il conflitto nella ex Jugoslavia,è sopravissuta ma poi è finita in un orfanotrofio.Oggi quella bambina ha 19 anni e vive in Italia.
TRAMA
Un inviato a Sarajevo, durante gli anni della guerra nei Balcani. Il suo lavoro è difficile. Deve documentare l’assedio feroce di una città europea per storia e vocazione; una città cosmopolita nelle usanze che, nel giro di pochi anni, si trova ad essere teatro di una guerra impensabile.I giornalisti che viaggiano molto, gli inviati speciali che corrispondono dai paesi in guerra, conducono spesso una vita solitaria: non c’è tempo per consolidare gli affetti, per mettere radici, per coltivare una famiglia. Marco Di Luca, protagonista, non fa eccezione.Ancora giovane, è già reduce da una separazione consumata in seguito alle sue assenze.Quando accetta di partire per la Bosnia, nel 1992, lo fa senza pensarci troppo anche perché non ha nessuno che cerchi di trattenerlo, di averlo accanto a sé. A entrare in confidenza con la morte, respirata e conosciuta ad ogni angolo di strada, Di Luca impiegherà poco tempo, così come a farsi conoscere e rispettare dai serbi con cui entra in contatto: traduttori, professori, uomini e donne di ogni estrazione e professione.Di Luca è bravo a confezionare rapidamente servizi televisivi nei quali racconta la vita che prosegue, nonostante tutto, nelle manifestazioni quotidiane di coraggio della gente di Sarajevo. Ma il suo lavoro, naturalmente, è anche quello di mostrare in maniera inconfutabile l'orrore che si sta consumando nel cuore del vecchio continente in mezzo all'indifferenza generale e all'inanità delle Nazioni Unite.Un giorno, una granata cade viene sparata su di un orfanotrofio. In mezzo ai bambini, fortunatamente tutti sopravvissuti, ce n’è una che attira immediatamente l’attenzione di Marco: è Malina, di dieci mesi, unica bimba dai capelli scuri in mezzo a molti caschetti e capelli chiari.In un gesto spontaneo di Malina, che gli cinge la testa con il braccino, Marco vede una richiesta e un appello, e a questo appello risponde con una promessa: farà di tutto per avere in affido, e possibilmente adottare, questa bambina sfortunata.Gli ostacoli, naturalmente, non mancano: e prima ancora delle difficoltà oggettive che la guerra impone ogni giorno a chi debba farsi strada tra le scheggie che solleva, a impensierire il giornalista sono i suoi stessi dubbi. Perché proprio quella bambina, e non un altro, fra i tanti che all’orfanotrofio mostrano di aver bisogno di una famiglia, di qualcuno che si prenda cura di loro? Nonostante tutto, però, Di Luca va avanti a testa bassa, mobilitando nella sua crociata personale amici e colleghi, e trovando risorse inaspettate a tutti i livelli, tra istituzioni e persone che a vario titolo si spendono per rendere la vita un po’ meno drammatica ai bosniaci.Fra i personaggi che affollano le pagine del libro di Franco Di Mare la cui storia vera è appena dissimulata nel libro dai nomi, che sono inventati c'è una bellissima e coraggiosa giornalista svizzera,la presidentessa di un associazione per la tutela dei diritti dei bambini,operatori televisivi e persone la cui storia è comunque segnata dall'esperienza della guerra, che così come distrugge le vite puo' rinsaldare i rapporti d'amicizia o farne nascere di nuovi.Davvero un libro emozionanate,lo consiglio a tutti!!!
FRANCO DI MARE è nato a Napoli nel 1955. Giornalista, dopo vent’anni come inviato di guerra, è passato alla conduzione televisiva (Speciale Tg1, Uno Mattina, Uno Mattina Estate e Sabato domenica e… la tv che fa bene alla salute). Ha ricevuto numerosi premi, fra cui due Oscar della televisione per i suoi reportage dal fronte. Raccogliendo alcuni ricordi dalle zone calde del pianeta, ha costruito uno spettacolo teatrale che è poi diventato un libro molto apprezzato: Il cecchino e la bambina (Rizzoli, 2009). Non chiedere perché è il suo primo romanzo.
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