16 mar 2011
Il libro dell'inquietudine Fernando Pessoa -
Una sola cosa mi meraviglia più della stupidità con la quale la maggior parte degli uomini vive la sua vita: l'intelligenza che c'è in questa stupidità.La monotonia delle vite comuni è apparentemente terribile. Sto pranzando in questo dozzinale ristorante e guardo, oltre il banco, la figura del cuoco e, vicino a me, il vecchio cameriere che mi serve come, da trent'anni credo, serve in questa trattoria. Che vita è la vita di questi uomini? Da quarant'anni quell'uomo passa quasi tutta la giornata in una cucina; gli sono consentite brevi pause; dorme poche ore; ogni tanto torna al suo paesino, dal quale rientra senza esitazione e senza dispiacere; mette da parte lentamente denaro lento che non intende spendere; si ammalerebbe se dovesse lasciare definitivamente la sua cucina per i campi che ha comprato in Galizia; sta a Lisbona da quarant'anni e non è mai stato alla Rotunda né a un teatro; solo una volta al Coliseu: pagliacci nelle riposte vestigia della sua vita. Ignoro con chi si è sposato e perché, ha quattro figli e una figlia, e il suo sorriso nel chinarsi dall'altr'a parte del banco esprime una grande, solenne, soddisfatta felicità. Egli non simula e non ha motivo di simulare. Se sente questa felicità significa che ce l'ha davvero.E il vecchio cameriere che mi serve e ha appena posato davanti a me quello che dev'essere il milionesimo caffè dell'atto di posare un caffè sui tavoli? Conduce la stessa vita del cuoco, a soli quattro o cinque metri di distanza: quei metri che separano colui che si muove nella cucina da colui che sta nella sala da pranzo della trattoria. Per il resto, ha solo due figli, va più spesso in Galizia, ha visto più Lisbona dell'altro e conosce Oporto dove ha vissuto per quattro anni - ed èugualmente felice.Rivedo, con una meraviglia sgomenta, il panorama di queste vite e, nel provare spavento e pena e sdegno, mi accorgo che non provano spavento né pena né sdegno proprio coloro che ne avrebbero tutto il diritto: coloro che vivono quella vita. E' questo l'errore centrale dell'immaginazione letteraria: essa suppone che gli altri sono noi e che devono sentire come noi. Ma, per fortuna dell'umanità, ogni uomo è soltanto chi è, e al genio è concesso soltanto di essere qualche persona in più.Dopotutto ogni cosa ci viene data in relazione a ciò che diamo. Un piccolo incidente stradale che richiama sulla porta il cuoco di questa trattoria riesce a intrattenerlo più di quanto non mi intrattenga la contemplazione di una originalissima idea, la lettura del miglior libro, il più grato dei sogni inutili. E, se la vita è essenzialmente monotonia, in realtà quell'uomo è scampato alla monotonia più di me. E continua a sfuggire alla monotonia più facilmente di me. La verità non è sua e non è mia perché la verità non è di nessuno; ma la felicità è sicuramente sua
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