29 mar 2011

Gezim Hajdari "Lascio questi versi come un addio"


Lascio questi versi come un addio
inghiottito dalla nudità della memoria
sapendo che il mondo non ne ha bisogno
Del mio saluto con la mano che trema
giù nel fondo stellato
nessuno si accorge.
Orizzonte precario
mi appoggio alla tua acqua fredda
e scavo la tua fronte di cielo oscuro
abbandonato nella nebbia fitta
non so da dove vengo e dove vado
assedio nevi che mi assediano
in balia di neri uccelli
voglio sapere chi mi separa da una terra impazzita
e che fine faranno la mia Ombra oltre l'acqua
la pioggia che cade nella pioggia e gli Dèi fra gli alberi
in fila accanto al freddo e al destino
attendo che mi chiamino all'alba dalle pietre
volti pallidi di voci arrochite
il mio nome è una linea che divide
la luce dall'oscurità
il mio corpo misura tra la sabbia e il cielo

Gezim Hajdari G‘zim Hajdari è nato nel 1957 a Lushnje (Albania), si è laureato in Lettere Albanesi a Elbasan e in Lettere Moderne alla Sapienza di Roma. Nel 1990, dopo ben cinque anni di censura, pubblica la sua prima raccolta di poesie dal titolo Antologia della pioggia, edita dalla casa editrice N. Frasheri, con sede a Tirana. Anche il suo secondo libro Il diario del bosco subisce la stessa sorte da parte dei “censori”, ma questa volta non verrà mai pubblicato. Nel 1991 fonda con altri intellettuali il giornale Il momento della parola di cui diventa vice direttore. Nello stesso tempo collabora al giornale nazionale Republika e insegna letteratura nel liceo scientifico della sua città. Nel 1992 è costretto a lasciare il proprio paese. Da quell’anno vive come esule in Italia, nella città di Frosinone. Attualmente è considerato tra i migliori poeti viventi. Ha vinto diversi premi di poesia, tra cui il prestigioso “Premio Montale” per la poesia inedita. Le sue poesie sono tradotte in greco e in inglese. Hajdari scrive sia in albanese che in italiano, rinnovando un’antica tradizione di poeti (da Seneca fino a Keats, Nabokov, Yeats, Celan) che hanno scritto nella lingua del paese ospitante. Temi ricorrenti nella sua poetica sono la solitudine (condizione esistenziale quasi catartica), il viaggio (come esule, ma anche come essere umano) ed elementi naturali come la pietra, la terra, il cielo

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