9 feb 2011

Civiltà(Jaime Torres Bodet)

Un uomo muore dentro di me tutte le volte che un uomo
muore da qualche altra parte, assassinato
dalla paura e dall’ansia di altri uomini.
Un uomo come me; per mesi
nelle viscere di una madre celato;
nato, come me,
tra speranze e nelle lacrime,
e  come me felice di avere sofferto,
triste di avere goduto,
fatto di sangue e sale e tempo e sonno.
Un uomo che anelò essere più che un uomo
e che, all'improvviso, un giorno comprese
il valore che avrebbe l'esistenza
se tutti coloro che vivono
fossero, in realtà, uomini retti,
capaci di trasmettere senza amarezza
quello che tutti lasciano
ai prossimi uomini:
L'amore, le donne, i crepuscoli,
la luna, il mare, il sole, le seminagioni,
il freddo dell'ananas affettato
sul piatto colorato di un autunno,
l'alba di alcuni occhi,
il litorale di un sorriso
e, in tutto quello che viene e quello che succede,
l'ansia di trovare la dimensione di una verità completa.
Un uomo muore in me ogni volta che in Asia
o sulla sponda di un fiume
d’Africa o d’America,
o nei parchi di una città d’Europa,
l’arma di un uomo uccide un uomo.
E la sua morte disfa
tutto ciò che credevo di avere eretto
in me su fondamenta eterne:
la fede nei miei eroi,
il mio gusto di stare in silenzio sotto i pini,
l’orgoglio che io avevo di essere uomo
ascoltando Platone narrare la morte di Socrate
e perfino il sapore dell’acqua e perfino il chiaro
piacere di riconoscere
che due e due fanno quattro…
Perché di nuovo, tutto è rimesso in dubbio
tutto di nuovo s’interroga
e pone mille domande senza risposta,
nell’ora in cui l’uomo
penetra  a mano armata 
nella vita senza difesa di altri uomini.
Improvvisamente arterie,
le radici dell'essere ci strangolano.
E niente è sicuro di sé stesso
né nel seme il germe,
né nell'aurora l'allodola,
né nella roccia il diamante,
né nella compatta oscurità la stella,
quando ci sono uomini che impastano
il pane della loro vittoria
con la polvere insanguinata di altri uomini!

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