Per noi comunisti la passione non è finita. Ma per gli altri? Non voglio dar giudizi e mettere il piede in casa altrui,ma i fatti ci sono e sono sotto gli occhi di tutti. I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela:scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l'iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un "boss" e dei "sotto-boss". La carta geopolitica dei partiti è fatta di nomi e di luoghi.
I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali. Per esempio, oggi c'è il pericolo che il maggior quotidiano italiano, il Corriere della Sera, cada in mano di questo o quel partito o di una sua corrente, ma noi impediremo che un grande organo di stampa come il Corriere faccia una così brutta fine. Insomma, tutto è già lottizzato e spartito o si vorrebbe lottizzare e spartire. E il risultato è drammatico. Tutte le "operazioni" che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell'interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica. Un credito bancario viene concesso se è utile a questo fine, se procura vantaggi e rapporti di clientela; un'autorizzazione amministrativa viene data, un appalto viene aggiudicato, una cattedra viene assegnata, un'attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi, anche quando si tratta soltanto di riconoscimenti dovuti.
BIOGRAFIA
Enrico nacque a Sassari nel 1922 da famiglia, appartenente alla piccola nobiltà rurale sassarese. Il nonno Enrico, amico di Garibaldi e di Mazzini, fu il fondatore del giornale "La Nuova Sardegna". I Berlinguer erano imparentati con i Segni e con i Cossiga, che hanno dato due Presidenti alla Repubblica: Antonio Segni tra il 1962 e il 1964 e Francesco Cossiga tra il 1985 e il 1992. Nel 1943 Berlinguer si iscrisse al Partito Comunista Italiano e ne organizzò la sezione sassarese svolgendo un'intensa attività di propaganda che lo rese un osservato speciale della questura. Nel gennaio del 1944 la fame spinse la popolazione a saccheggiare i forni della città e Berlinguer fu accusato, a torto, di esserne stato uno degli istigatori; fu quindi arrestato e trattenuto in carcere per tre mesi, dopo i quali fu prosciolto dalle accuse e liberato. Dopo un breve periodo come vicesegretario del PCI in Sardegna, Togliatti lo chiamò a Roma. Nel 1949 fu nominato segretario della Federazione Giovanile Comunista Italiana, carica che avrebbe mantenuto sino al 1956, anno in cui divenne segretario della Federazione Mondiale della Gioventù Democratica, l'Associazione internazionale dei giovani comunisti. Il 29 settembre 1957 sposò a Roma Letizia Laurenti da cui ebbe quattro figli. Eletto deputato nel 1968, fu nominato, nel corso del XII congresso del 1969, vice-segretario nazionale essendo segretario Luigi Longo. Sempre nel 1969 guidò una delegazione del partito ai lavori della conferenza internazionale dei partiti comunisti che si tenne a Mosca; in tale occasione, trovandosi in disaccordo con la "linea" sovietica non sottoscrisse il comunicato finale, rifiutando di associarsi alla "scomunica" da parte russa dei comunisti cinesi e rinfacciando a Leonid Brežnev, la "tragedia di Praga", provocata da dall’invasione sovietica del 1968. . Divenuto segretario del PCI nel 1972 lanciò all’indomani del golpe cileno dell’11 settembre 1973 la proposta di “compromesso storico” quale alleanza tra le forze democratiche del Paese per scongiurare derive di destra e i pericoli della reazione e del fascismo. Nel 1976 alla vigilia delle elezioni nazionali,teorizzò una più accentuata indipendenza di giudizio e di azione del PCI italiano rispetto a quello sovietico.
Sempre nell'ottobre 1977, Berlinguer rese pubblico, tramite la rivista Rinascita, uno scambio di lettere con l' allora vescovo di Ivrea Luigi Bettazzi, in cui affermava di volere "realizzare una società che, senza essere cristiana, cioè legata integralisticamente a un dato ideologico, si organizzi in maniera tale da essere sempre più aperta e accogliente verso i valori cristiani"; le lettere furono pubblicate sotto il significativo titolo comune di "Comunisti e cattolici: chiarezza di principi e base di un’intesa".Durante il sequestro Moro, Berlinguer prese posizione insieme al. cosiddetto "fronte della fermezza", del tutto contrario a qualsiasi tipo di trattativa con i terroristi, i quali avevano chiesto la liberazione di alcuni detenuti in cambio di quella dello statista. Fu nel giugno del 1978, un mese dopo la morte di Moro, che esplose con veemenza il caso del presidente della Repubblica Giovanni Leone, che, grazie ad una campagna moralizzatrice cui il PCI aveva già dato un contributo fondamentale, fu costretto alle dimissioni. Gli succedette Sandro Pertini, un socialista che aveva lottato nella Resistenza,gradito a molti settori della politica e in seguito molto amato dagli italiani.Nel 1979 la crisi del governo di solidarietà nazionale, i risultati non brillanti del PCI alle elezioni politiche – dove scese dal 34% al 30% - il cambio di maggioranza dentro la DC fecero fallire definitivamente la strategia della solidarietà nazionale. Il rilancio dell’alternativa e della questione morale,dopo il terremoto del dicembre 1980 in Irpinia, non basteranno a ridare smalto a questa strategia.
Enrico Berlinguer muore a Padova l’11 giugno del 1984, colpito da ictus durante il comizio di chiusura della campagna elettorale per le elezioni europee. Riconoscendo le sue doti di uomo eccezionale, l’allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, volle accompagnare il feretro da Padova a Roma, dove si svolsero i funerali davanti ad una folla di oltre un milione di persone commosse.
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