11 giu 2011

ENRICO BERLINGUER 25/05/1922 -11/06/1984

ENRICO BERLINGUER:
Per noi comunisti la passione non è finita. Ma per gli altri? Non voglio dar giudizi e mettere il piede in casa altrui,ma i fatti ci sono e sono sotto gli occhi di tutti. I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela:scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l'iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un "boss" e dei "sotto-boss". La carta geopolitica dei partiti è fatta di nomi e di luoghi.
 I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali. Per esempio, oggi c'è il pericolo che il maggior quotidiano italiano, il Corriere della Sera, cada in mano di questo o quel partito o di una sua corrente, ma noi impediremo che un grande organo di stampa come il Corriere faccia una così brutta fine. Insomma, tutto è già lottizzato e spartito o si vorrebbe lottizzare e spartire. E il risultato è drammatico. Tutte le "operazioni" che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell'interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica. Un credito bancario viene concesso se è utile a questo fine, se procura vantaggi e rapporti di clientela; un'autorizzazione amministrativa viene data, un appalto viene aggiudicato, una cattedra viene assegnata, un'attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi, anche quando si tratta soltanto di riconoscimenti dovuti.
Molti italiani, secondo me, si accorgono benissimo del mercimonio che si fa dello Stato, delle sopraffazioni, dei favoritismi, delle discriminazioni. Ma gran parte di loro è sotto ricatto. Hanno ricevuto vantaggi (magari dovuti, ma ottenuti solo attraverso i canali dei partiti e delle loro correnti) o sperano di riceverne, o temono di non riceverne più.
 Noi pensiamo che il privilegio vada combattuto e distrutto ovunque si annidi, che i poveri e gli emarginati, gli svantaggiati, vadano difesi, e gli vada data voce e possibilità concreta di contare nelle decisioni e di cambiare le proprie condizioni, che certi bisogni sociali e umani oggi ignorati vadano soddisfatti con priorità rispetto ad altri, che la professionalità e il merito vadano premiati, che la partecipazione di ogni cittadino e di ogni cittadina alla cosa pubblica debba essere assicurata.
Noi pensiamo che il tipo di sviluppo economico e sociale capitalistico sia causa di gravi distorsioni, di immensi costi e disparità sociali, di enormi sprechi di ricchezza. Non vogliamo seguire i modelli di socialismo che si sono finora realizzati, rifiutiamo una rigida e centralizzata pianificazione dell'economia, pensiamo che il mercato possa mantenere una funzione essenziale, che l'iniziativa individuale sia insostituibile, che l'impresa privata abbia un suo spazio e conservi un suo ruolo importante. Ma siamo convinti che tutte queste realtà, dentro le forme capitalistiche (e soprattutto, oggi, sotto la cappa di piombo del sistema imperniato sulla DC) non funzionano più, e che quindi si possa e si debba discutere in qual modo superare il capitalismo inteso come meccanismo, come sistema, giacché esso, oggi, sta creando masse crescenti di disoccupati, di emarginati, di sfruttati. Sta qui, al fondo, la causa non solo dell'attuale crisi economica, ma di fenomeni di barbarie, del diffondersi della droga, del rifiuto del lavoro, della sfiducia, della noia, della disperazione. È un delitto avere queste idee?
 La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell'amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell'Italia d'oggi, fa tutt'uno con l'occupazione dello stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt’uno con la guerra per bande, fa tutt'uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati. Ecco perché dico che la questione morale è il centro del problema italiano. Ecco perché gli altri partiti possono provare d'essere forze di serio rinnovamento soltanto se aggrediscono in pieno la questione morale andando alle sue cause politiche
BIOGRAFIA
Enrico nacque a Sassari nel 1922 da famiglia, appartenente alla piccola nobiltà rurale sassarese. Il nonno Enrico, amico di Garibaldi e di Mazzini, fu il fondatore del giornale "La Nuova Sardegna". I Berlinguer erano imparentati con i Segni e con i Cossiga, che hanno dato due Presidenti alla Repubblica: Antonio Segni tra il 1962 e il 1964 e Francesco Cossiga tra il 1985 e il 1992. Nel 1943 Berlinguer si iscrisse al Partito Comunista Italiano e ne organizzò la sezione sassarese svolgendo un'intensa attività di propaganda che lo rese un osservato speciale della questura. Nel gennaio del 1944 la fame spinse la popolazione a saccheggiare i forni della città e Berlinguer fu accusato, a torto, di esserne stato uno degli istigatori; fu quindi arrestato e trattenuto in carcere per tre mesi, dopo i quali fu prosciolto dalle accuse e liberato.                        
                                                                                                          
Dopo un breve periodo come vicesegretario del PCI in Sardegna, Togliatti lo chiamò a Roma. Nel 1949 fu nominato segretario della Federazione Giovanile Comunista Italiana, carica che avrebbe mantenuto sino al 1956, anno in cui divenne segretario della Federazione Mondiale della Gioventù Democratica, l'Associazione internazionale dei giovani comunisti. Il 29 settembre 1957 sposò a Roma Letizia Laurenti da cui ebbe quattro figli. Eletto deputato nel 1968, fu nominato, nel corso del XII congresso del 1969, vice-segretario nazionale essendo segretario Luigi Longo. Sempre nel 1969 guidò una delegazione del partito ai lavori della conferenza internazionale dei partiti comunisti che si tenne a Mosca; in tale occasione, trovandosi in disaccordo con la "linea" sovietica non sottoscrisse il comunicato finale, rifiutando di associarsi alla "scomunica" da parte russa dei comunisti cinesi e rinfacciando a Leonid Brežnev, la "tragedia di Praga", provocata da dall’invasione sovietica del 1968. . Divenuto segretario del PCI nel 1972 lanciò all’indomani del golpe cileno dell’11 settembre 1973 la proposta di “compromesso storico” quale alleanza tra le forze democratiche del Paese per scongiurare derive di destra e i pericoli della reazione e del fascismo. Nel 1976 alla vigilia delle elezioni nazionali,teorizzò una più accentuata indipendenza di giudizio e di azione del PCI italiano rispetto a quello sovietico.
Armando Cossutta, che rappresentava la parte del PCI strettamente legata ai sovietici, parlò di “strappo”. Nelle elezioni politiche del 20 giugno 1976 il PCI ottenne alla Camera il 34,4% dei voti e 227 seggi e al Senato il 33,8% dei suffragi con 116 seggi avvicinandosi alla DC, fino a far ipotizzare un eventuale sorpasso. Forte di questi risultati Berlinguer lanciò a livello internazionale il progetto dell’eurocomunismo insieme a Santiago Carrillo, leader dei comunisti di Spagna, e Georges Marchais, segretario del PCF. I tre esponenti sostennero la ricerca di vie nazionali per costruire il socialismo.All’indomani del 20 giugno 1976 Berlinguer concesse al governo Andreotti la “non sfiducia”, oco dopo nel 1977 Berlinguer incominciò a chiedere l’ingresso dei comunisti nel governo.Nel 1978 si formò perciò il governo di unità e di solidarietà nazionale, con l’appoggio esterno di PCI, PSI, PRI, PSDI, che sopravvivrà al rapimento di Aldo Moro,avvenuto ad opera delle Brigate Rosse la mattina del 16 marzo, allorché il governo Andreotti andava a presentarsi alle Camere.Nell’anno 1977 all’indomani dell’assalto di Autonomia operaia a Luciano Lama, segretario della CGIL, Berlinguer accusò gli Autonomi e parti estreme dei movimenti giovanili di “essere fascisti”.A quest’affermazione rispose Norberto Bobbio sulle pagine della Stampa affermando che: "l’accusa generalizzata di fascismo a tutti i movimenti alla sinistra del partito comunista è storicamente scorretta". Berlinguer, con una lettera inviata allo stesso giornale e pubblicata il giorno seguente, ribatté che le persone aventi "come bersaglio principale il movimento operaio e il Pci" erano per lui "lucidi organizzatori di un nuovo squadrismo" e "non sono definibili con altro termine se non quello di nuovi fascisti".
Sempre nell'ottobre 1977, Berlinguer rese pubblico, tramite la rivista Rinascita, uno scambio di lettere con l' allora vescovo di Ivrea Luigi Bettazzi, in cui affermava di volere "realizzare una società che, senza essere cristiana, cioè legata integralisticamente a un dato ideologico, si organizzi in maniera tale da essere sempre più aperta e accogliente verso i valori cristiani"; le lettere furono pubblicate sotto il significativo titolo comune di "Comunisti e cattolici: chiarezza di principi e base di un’intesa".Durante il sequestro Moro, Berlinguer prese posizione insieme al. cosiddetto "fronte della fermezza", del tutto contrario a qualsiasi tipo di trattativa con i terroristi, i quali avevano chiesto la liberazione di alcuni detenuti in cambio di quella dello statista. Fu nel giugno del 1978, un mese dopo la morte di Moro, che esplose con veemenza il caso del presidente della Repubblica Giovanni Leone, che, grazie ad una campagna moralizzatrice cui il PCI aveva già dato un contributo fondamentale, fu costretto alle dimissioni. Gli succedette Sandro Pertini, un socialista che aveva lottato nella Resistenza,gradito a molti settori della politica e in seguito molto amato dagli italiani.Nel 1979 la crisi del governo di solidarietà nazionale, i risultati non brillanti del PCI alle elezioni politiche – dove scese dal 34% al 30% - il cambio di maggioranza dentro la DC fecero fallire definitivamente la strategia della solidarietà nazionale. Il rilancio dell’alternativa e della questione morale,dopo il terremoto del dicembre 1980 in Irpinia, non basteranno a ridare smalto a questa strategia.
Enrico Berlinguer muore a Padova l’11 giugno del 1984, colpito da ictus durante il comizio di chiusura della campagna elettorale per le elezioni europee. Riconoscendo le sue doti di uomo eccezionale, l’allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, volle accompagnare il feretro da Padova a Roma, dove si svolsero i funerali davanti ad una folla di oltre un milione di persone commosse.

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