3 mar 2012

Giuseppe Gulotta:22 anni in carcere da innocente!!!


In Italia in carcere si muore.Alcuni sono suicidi, alcuni no.E si muore durante un arresto, una manifestazione in piazza, un trattamento sanitario obbligatorio.Dietro le informazioni istituzionali spesso c'è un'altra storia.Tutti ricordiamo la vicenda di Stefano Cucchi,ma di queste storie ce ne sono tantissime,troppe senza verità una di queste è quella di Giuseppe Gulotta che per fortuna dopo 22 anni ha un lieto fine,anche se questa vicenda come le altre fa orrore,si certo pensare che nelle segrete stanze di chi dovrebbe garantire la sicurezza dei cittadini si usano ancora sistemi di tortura medioevali mi fa semplicemente rabbrividire. Ma di questo non si parla mai abbastanza. Questa come dicevo non è roba di tanti anni fa: sono cose che accadono ancora, ogni giorno dove non c'è tortura ci sono pestaggi, le botte, uno Stefano Cucchi che muore perché "era un drogato" e un Federico Aldrovandi che si ammazza di botte "da solo". Ma chi ci crede?Non voglio aggiungere altro vi lascio con questa testimonianza di Giuseppe

"Ero entrato nell'arma dei carabinieri con amore, con passione, invece mi sono ritrovato in conflitto con delle procedure che venivano usate negli interrogatori. Erano sistemi non degni di un paese democratico". dice Renato Olino ex brigadiere. Al pestaggio di Gullotta "ero presente passivamente. Ho assistito a schiaffi, minacce, finte esecuzioni, pistole puntate alla testa" e poi anchora scariche... elettriche nelle parti intime e nei piedi ecc... "Questo interrogatorio è durato un'intera notte finché non hanno firmato di aver partecipato alal strage" nonostante la loro innocenza. Tutti si chiedono il perchè si parla dopo tanti anni, Olino ci racconta che "mi è servito un pò di tempo per liberarmi dal lavaggio al cervello che si subisce quando si entra nell'arma dei carabinieri. Dopo questa esperienza mi sono vergognato di continuare a fare il carabiniere. Spero di poter dormire di nuovo e non sognare più le torture
Gulotta parla alle Iene dopo l'assoluzione: "Mi sento ai piedi i sandali di Icaro dalla gioia".
(Da Gonews.it)
Sta facendo il giro di talk show, radio e televisioni. Basta digitare il suo nome e cognome su un motore di ricerca qualsiasi che il nome del certaldelse Giuseppe Gulotta apparirà con una lista infinita di risultati. Infinita, così come poteva sembrare la sua sofferenza durata ben 36 anni, di cui 21 trascorsi in carcere. Giuseppe Gulotta venne arrestato all’età di soli 18 anni per un fatto che risale al 26 gennaio 1976 e accusato di aver partecipato alla strage di due carabinieri diciottenni, Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta massacrati a colpi di pistola. Il fatto avvenne nella caserma di Alcamo Marina, in provincia di Trapani.Adesso l’incubo è finito, un ex brigadiere, Renato Olino, che era presente al momento dell’interrogatorio, dove Gulotta sotto tortura ammise la colpevolezza di un massacro, ha ammesso le barbarie inflitte al cittadino di Certaldo. Gulotta è stato assolto per non aver commesso il fatto e proprio su queste parole che comincia l’intervista di Giulio Golia nella puntata delle Iene andata in onda giovedì 1 marzo su Italia Uno alle 20,45.L’intervista si svolge in riva al mare e la prima domanda che pone Golia a Gulotta è incentrata sul senso di libertà: “Quando ho sentito assolto per non aver commesso il fatto dopo averlo gridato per 36 anni, mi sono alzato in piedi e sono scoppiato a piangere, ho abbracciato mia moglie e mio figlio e sono andato subito verso Alcamo. Adesso non ho più alcun macigno, sorrido per qualunque cosa e ai piedi in questo momento mi sembra di avere i sandali di Icaro”. Adesso Gulotta cosa vuole fare della sua vita: “Mi voglio riprendere questa vita con il rimpianto più grande di non aver potuto crescere mio figlio. Voglio sposare mia moglie e tornare a lavorare. Da piccolo lui sapeva che io giravo l’Italia per costruire case e c’ero solo in alcuni periodi dell’anno. Mi ricordo un episodio di molti anni fa, quando ricevetti un permesso dal carcere e andai a prendere mio figlio a scuola: lui si aggrappò alla mia gamba, come se volesse dire ai suoi compagni studenti, un babbo ce l’ho anche io”.Poi il figlio è cresciuto: “Ha cominciato lentamente a capire come stavano le cose ma adesso io voglio sposare mia moglie che non mi ha fatto mai perdere la speranza negli anni bui del carcere dove non nascondo a volte di aver pensato di farla finita con questa vita, perché un uomo senza speranza è una persona senza futuro”Adesso a salutare Gulotta, ci sono tutti, dai parenti, vecchi amici ma qualche sassolino dalla scarpa resta ancora: “Non porto rancore per nessuno, anche per quei carabinieri che mi hanno costretto a mentire, avrei preferito vederli di persona mentre testimoniavano, ma si sono avvalsi della facoltà di non rispondere”.
 Un rancore che secondo l’ex ergastolano non porterebbe alcun giovamento: “ Se provassi quel sentimento, potrei riavere indietro i miei 36 anni di vita passati in cella ?”. Una vita passata in cella ma che Gulotta sperava di salutare definitivamente molto prima: “Ho cercato immediatamente di ritrattare ma nessuno voleva ascoltarmi, adesso per me sentire le onde del mare rappresenta la libertà”.Il processo (e la vita di Gulotta) si è riaperto definitivamente con la testimonianza dell’ex brigadiere Renato Olino presente al momento dell’interrogatorio del certaldese.Olino è stato raggiunto da Davide Golia delle Iene: lo stesso Gulotta non sapeva che l’ex brigadiere ha abbandonato l’arma e adesso lotta con un’associazione anti camorristica nei quartieri di Scampia. Le strade di Gulotta e Olino si sono incrociate solo un’altra volta nella vita, cioè al momento della deposizione dell’ex brigadiere che ha scagionato completamente il certaldese, massacrato per ammettere un omicidio che lui in realtà non aveva mai commesso. Quel giorno, in Corte di Appello, si abbracciarono e da allora non si sono più rincontrati.Golia li mette di fronte ad un’intervista doppia, dove i due raccontano tutte le fasi di questa incredibile storia. Entrambi la notte fanno fatica ad addormentarsi: da un lato c’è Gulotta che ripensa a quei tragici momenti, dall’altro Olino che non riesce a guardarsi allo specchio per gli orrori che ha visto durante quell’interrogatorio durato una notte sotto tortura, dove Giuseppe era legato ad una sedia.Minacce, scariche elettriche, pistola puntata al volto, acqua e sale con l’imbuto, Renato Olino spiega che “quella sera i carabinieri lasciarono il codice penale fuori da quella stanza, compiendo atroci azioni”. Lo stesso ex brigadiere specifica di aver assistito in modo passivo a quell’interrogatorio e di non aver mai toccato Giuseppe.Gulotta ammise, sotto minacce, di aver compiuto un omicidio che in realtà non aveva mai commesso. Olino ha aggiunto di “aver impiegato molto tempo a raccontare la verità, perché dovevo uscire da una sorta del lavaggio del cervello che mi era stato fatto all’interno dell’Arma”. Una verità che Olino aveva già raccontato ma che ha trovato “magistrati sordi”, perché in quel momento “occorreva trovare subito i colpevoli”.  Entrambi i protagonisti di questa storia non sono mai stati contattati dall’Arma e adesso covano i loro sogni, non escludendo in futuro di incontrarsi nuovamente. Magari per diventare amici.

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