10 giu 2011

L'ultima lezione di Enzo

In questi giorni si parla molto di calcio,purtroppo non in maniera positiva,questo per tutto quello che stà uscendo dallo scandalo del calcio scommesse,che ancora una volta ci dimostra di quanto questo sport sia diventato sporco e poco credibile.... e  mi dispiace,perchè come la maggior parte degli italiani amo il calcio.Comunque stasera voglio parlare di un altro calcio e di un  personaggio che ha fatto tanto per questo sport,e lo faccio attraverso un documento che ho visto qualche settimana fa ("SFIDE"su Rai tre-VEDI VIDEO SOTTO)dedicato al grande Enzo Bearzot..Dove si ripercorre la storia del più amato e popolare allenatore che la nostra Nazionale di calcio abbia mai avuto senza nulla togliere ad altri allenatori come Pozzo,Lippi che insieme a Enzo restano i soli allenatori ad avere vinto la coppa del mondo..Enzo era friulano,classe 27, un uomo che non parlava molto  ma persona consapevole che le parole e i sorrisi sia oro che van spesi con dovuta proprietà,il documento tipercorre la sua vita da quando era calciatore che lo vede nella Pro Gorizia e poi apena ventenne  emigrare in una grande città come Milano,nell'Inter “aimè da Juventino...ma erano altri tempi!!! Poi  mandato a Catania, per poi concludere la carriera al Torino.Là aveva incontrato Nereo Rocco discepolo di Pozzo capace di insegnargli l’arte delle marcature asfissianti e delle fasce arrembanti ed assassine: in altre parole i segreti della scuola italiana. Vincendo il mundial spagnolo “in contropiede”, di quella scuola Bearzot sarebbe diventato uno dei maestri più importanti della storia. E una delle figure più care del Novecento italiano.Il “vecio”, come era soprannominato, aveva assunto la guida della nazionale dopo il deludente mondiale di Germania nel 74, quando la generazione dei Rivera e dei Riva si era oramai estinta e servivano nuove leve da far crescere e da accudire come un padre. Formerà un gruppo, cui crederà fino alla fine e a dispetto di tutti. Rimane leggendario il suo rapporto conflittuale con la stampa,sintomatico di un Paese abile a gettare fango sull’uomo al comando per poi fargli statue  una volta che questo è arrivato da solo sulla vetta del mondo. Ai mondiali del 1978 fu accusato di aver stancato schierandola,la rosa titolare nella inutile partita contro l’Argentina vinta 1 a 0. Pochi giorni dopo, al contrario, di aver sostituito, per farlo riposare, Causio sull’ 1 a 0 di Italia Olanda, la semifinale poi persa rocambolescamente due a uno. Ma peggio accadde due anni dopo durante gli Europei organizzati nel Belpaese. Solo due gol in quattro partite e il calcio italiano, nonché Bearzot, vennero messi all’indice. Catenacciaro, gli dissero. Avrebbero dovuto rimangiarsi tutto.
Perché Bearzot stava formando un gruppo che sarebbe passato alla leggenda. Uomini votati al modulo e alla corsa, dotati di talento, giovani ma già con esperienza, come Cabrini ,Tardelli e  tutto il blocco Juve, come Antognoni  e il giovanissimo, come l’imprendibile Conti  e il vecchio Zoff (che Bearzot considerava come un terzo figlio). Insomma, una squadra perfetta, che però tutti, dopo l’inguardabile girone eliminatorio, consideravano una banda di schiappe di cui il Brasile delle stelle avrebbe fatto un sol boccone. Ebbene accadde proprio il contrario.
 Perché Bearzot, invece di ascoltare la stampa (come avrebbero fatto altri allenatori dopo di lui), puntò tutto sugli uomini che aveva formato e che meglio conosceva. Non convocò il capocannoniere del campionato Pruzzo beccandosi gli insulti da tutta Roma; lasciò a casa il talento di Beccalossi beccandosi un manrovescio da una fan incattivita. Resistette alla colata di fango che gli venne addosso dopo tre pareggi, alle critiche per aver fatto giocare Paolo Rossi, il quale, graziato dopo lo scandalo scommesse del 1980, visibilmente non stava in piedi. Introdusse il silenzio stampa e mandò come portavoce il laconico Zoff, il quale dovette difendere la squadra da assurde accuse . Sembravano un’Armata Brancaleone sull’orlo della disfatta. Sarebbero stati ricordati per sempre.
 Tutti lo ricordano con affetto se ne andato lo scorso dicembre (21 dicembre). Ricordare lui è ricordare, come, nelle notti davvero magiche del Mundial spagnolo, gioimmo tutti assieme anche se la mia età non 6 anni non mi permetteva di capire a cosa era dovuta tanta euforia!!!Poi con il tempo ho capito e tutti quelli che allora erano in vita hanno perfettamente in mente, quasi giorno per giorno, la settimana che ci portò a Madrid, i sei gol di Rossi, il miracolo di Zoff all’ultimo minuto contro il Brasile, il rigore fallito da Cabrini in finale, il «Campioni del mondo!» ripetuto tre volte da Martellini e le piazze piene di gente festante; tutti ricordano la pipa di Bearzot, il suo "va,va,va sussurrato a denti stretti mentre i suoi uomini, recuperata palla, ripartivano a razzo facendo fuori una dopo l’altra tutte le teste di serie del torneo, l’Argentina di Maradona, il Brasile di Zico Falcao, la Polonia di Boniek  e la Germania di Rumenigge. E tutti ricordano il grido di Tardelli per il secondo gol della finale e quella azione all’arma bianca, in cui la catenacciara Italia di Bearzot portava nell’area avversaria Scirea e Bergomi, a fraseggiare prima che il povero Gaetano, facendo l’assist vincente, permettesse a Tardelli di diventare il Munch italiano. Ricordano le ammucchiate selvagge in campo con sopra Pablito, la felicità di Pertini e la partita a scopa sull’aereo presidenziale, quando Bearzot e Causio batterono la coppia Pertini,Zoff facendo imbestialire il presidente.Ma soprattutto ricordano un uomo che aveva formato degli uomini prima che dei giocatori.

Nessun commento:

Posta un commento