Li osservo, questi uomini, educati ad altra vita che la mia:
frutti d'una storia tanto diversa, e ritrovati, quasi fratelli, qui,nell'ultima forma storica di Roma.
Li osservo:in tutti c'è come l'aria d'un buttero che dorma armato di coltello: nei loro succhi
vitali, è disteso un tenebrore intenso,la papale itterizia del Belli,non porpora,ma spento peperino,
bilioso cotto.La biancheria,sotto,fine e sporca;nell'occhio,l'ironia che trapela il suo umido,rosso,
indecente bruciore.La sera li espone quasi in romitori,in riserve fatte di vicoli,muretti,androni e finestrelle perse nel silenzio. È certo la prima delle loro passioni il desiderio di ricchezza:sordido
come le loro membra non lavate,nascosto,e insieme scoperto,privo di ogni pudore:come senza pudore
è il rapace che svolazza pregustando chiotto il boccone,o il lupo,o il ragno;essi bramano i soldi come zingari,mercenari,puttane:si lagnano se non ce n'hanno,usano lusinghe abbiette per ottenerli,si gloriano
plautinamente se ne hanno le saccocce piene.Se lavorano - lavoro di mafiosi macellari,ferini lucidatori, invertiti commessi,tranvieri incarogniti,tisici ambulanti, manovali buoni come cani - avviene
che abbiano ugualmente un'aria di ladri:troppa avita furberia in quelle vene... Sono usciti dal ventre delle loro madri a ritrovarsi in marciapiedi o in prati preistorici,e iscritti in un'anagrafe che da ogni storia li vuole ignorati... Il loro desiderio di ricchezza è, così,banditesco,aristocratico.Simile al mio. Ognuno pensa a sé, a vincere l'angosciosa scommessa, a dirsi: "È fatta," con un ghigno di re...
La nostra speranza è ugualmente ossessa:estetizzante,in me,in essi anarchica.Al raffinato e al sottoproletariato spetta la stessa ordinazione gerarchica dei sentimenti:entrambi fuori dalla storia,
in un mondo che non ha altri varchi che verso il sesso e il cuore, altra profondità che nei sensi.
In cui la gioia è gioia, il dolore dolore.
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