11 dic 2010

12 dicembre 1969: Piazza Fontana.

Alle 16.30 del 12 dicembre 1969, a Milano, presso la sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura di Piazza Fontana, esplode nel salone centrale, gremito di clienti impiegati e funzionari, una bomba. Si contano sedici morti e ottantaquattro feriti. Quasi contemporaneamente, altri tre ordigni esplodono a Roma. Alle 16.55 una bomba scoppia nel passaggio sotterraneo della Banca Nazionale del Lavoro che collega le due entrate dell'istituto provocando il ferimento di tredici persone. Le altre due esplosioni avvengono, una alle 17.22 davanti all'Altare della Patria e l'altra alle 17.30, all'ingresso del museo del Risorgimento, con altre quattro persone ferite. Un ultimo ordigno, contenuto in una cassetta metallica portavalori, viene ritrovato inesploso, ancora a Milano, nella filiale della Banca Commerciale Italiana di Piazza della Scala.
 Quel 12 dicembre 1969,gli Italiani entrarono in una fase storica che sarebbe durata per più di un decennio: il terrorismo.Tutto ad un tratto,sulla scena nazionale comparivano morti ammazzati, non dalla polizia durante le dimostrazioni (com’era avvenuto un anno prima), non dalla mafia (le cui abitudini sanguinarie erano più oggetto di interesse folcloristico che politico), ma da qualcuno che faceva parte di qualcosa che i più ebbero difficoltà ad identificare. L’anno prima c’era stato il 1968, con le rivolte studentesche in tutto il mondo; nell’autunno le idee di cambiamento rivoluzionario erano entrate in comunicazione con gli operai in lotta per il miglioramento delle condizioni di lavoro. Il Partito Comunista Italiano aveva fatto un grande balzo in avanti nelle elezioni e, soprattutto, il vecchio regime dominato da una Democrazia Cristiana che raccoglieva anche i voti della destra più reazionaria, cominciava a scricchiolare.

Gli USA stavano attraversando il loro periodo più nero, con una guerra logorante e impopolare nel Vietnam e una fortissima opposizione interna che sfociava in manifestazioni violente che scuotevano il sistema che doveva essere da esempio a tutte le nazioni occidentali. In Grecia, il regime dei colonnelli instauratosi in seguito al colpo di stato fascista del 67, perdeva sempre più credibilità.... Ci fu qualcuno che credette di ripercorrere le strade sperimentate con successo da Hitler e dai nazisti con l’incendio del Reichstag : compiere attentati, attribuirne la colpa alle sinistre e utilizzare la paura e il disgusto dei cittadini per dar vita ad un governo autoritario. Dopo le bombe si cercò di accusare gli anarchici , forse perché, nell’immaginario collettivo questi rappresentavano qualcosa di oscuro, di senzadio, di intangibile e pericoloso. In realtà vennero scelti perché erano disorganizzati, ingenui, poveri e isolati dalle altre forze politiche. Uno di loro, il ferroviere Giuseppe Pinelli, volò da una finestra della questura di Milano, uno dei cui dirigenti era il commissario Calabresi ...

Un altro era un ballerino, che rimase in carcere per anni sino al punto in cui il parlamento italiano dovette votare una nuova legge per risparmiare a lui altre ingiuste sofferenze e allo stato, un’insostenibile vergogna. Un altro ancora, si professava anarchico, ma in realtà era un fascista che si era trovato in mezzo al gruppo degli accusati per uno di quei casi strani della vita: cercava di fare il provocatore (e probabilmente era stato addestrato a questo durante una visita compiuta ai colonnelli golpisti in Grecia), ma ,di fatto, si trovò coinvolto in una vicenda più grossa di lui che gli fece passare molti anni in carcere per poi ritrovarsi, anche lui, innocente. A 41 anni dalla strage, non si sa ancora chi siano i colpevoli.Il regime democristiano cercò di coprire tutto, così come gran parte degli apparati di sicurezza dello stato (quanti ufficiali dei servizi segreti, dei carabinieri, della polizia vennero, negli anni successivi, inquisiti e condannati per depistaggio!) ma, oggi, nessuno sa ancora esattamente chi sia stato a decidere la morte di cittadini innocenti la cui unica colpa era quella di trovarsi in una banca a cambiare un assegno, fare un versamento o pagare una cambiale.



Chi crede in una società giusta non ha bisogno di vendette per continuare a crederci, ma chiedere la verità è un diritto e un dovere!L’umanità (o almeno una parte, forse la meno colpita nei suoi affetti più cari) già comincia a dimenticarsi i più orrendi crimini mai visti nella storia dell’umanità compiuti durante lo sterminio delle popolazioni ebraiche in Europa, durante la II Guerra Mondiale.Dovremmo quindi anche scordarci degli assassini di Piazza Fontana ? Siamo sicuri che non siano ancora fra noi ? Siamo sicuri che non possano ancora uccidere (magari in qualche altra parte del mondo) ? E soprattutto, siamo sicuri che la violenza, la menzogna di stato, la soppressione della verità, la sottomissione ai poteri economici degli apparati dello stato, siano stati completamente eliminati salla nostra società ?Possiamo, da ultimo, accettare di vivere in una nazione di serie B in cui ‘certi’ crimini non trovano mai un responsabile ? Ci possiamo sentire sicuri di vivere in una democrazia ? Ribadirlo oggi significa testimoniare quella verità che si vorrebbe oggi oscurare in nome di una generica condanna al terrorismo. Con essa nascondere anche le tragiche circostanze della morte di Giuseppe Pinelli, la diciottesima vittima innocente di piazza Fontana, che precipitò da una finestra del quarto piano della Questura milanese, non certo per un “malore attivo”, quando si cercava di attribuire a Pietro Valpreda, agli anarchici e alle sinistre la responsabilità di quanto accaduto




Ma la memoria di ieri impone di parlare del presente,la stessa Milano una città che vede le destre di governo proteggere e sostenere i gruppi neofascisti,erogando loro finanziamenti pubblici per aprire nuove sedi in cui si omaggiano criminali nazisti,al punto che da quello che si dice Milano si sta trasformando nella capitale per gli incontri e i raduni dell’estrema destra a livello europeo...

I nomi delle 17 persone che quel giorno persero la vita (Giovanni Arnoldi, Giulio China, Eugenio Corsini, Pietro Dendena, Carlo Gaiani, Calogero Galatioto, Carlo Garavaglia, Paolo Gerli, Vittorio Mocchi, Luigi Meloni, Mario Pasi, Carlo Perego, Oreste Sangalli, Angelo Scaglia, Carlo Silvia, Attilio Valè, Gerolamo Papetti)...


Francesco De Gregori si riferisce a questo evento con le parole "Viva l'Italia del 12 dicembre" nella canzone "Viva l'Italia" dall'omonimo album del 1979.

Viva l'Italia, l'Italia liberata,
l'Italia del valzer, l'Italia del caffè.
L'Italia derubata e colpita al cuore,
viva l'Italia, l'Italia che non muore.
Viva l'Italia, presa a tradimento,
l'Italia assassinata dai giornali e dal cemento,
l'Italia con gli occhi asciutti nella notte scura,
viva l'Italia, l'Italia che non ha paura.
Viva l'Italia, l'Italia che è in mezzo al mare,
l'Italia dimenticata e l'Italia da dimenticare,
l'Italia metà giardino e metà galera,
viva l'Italia, l'Italia tutta intera.
Viva l'Italia, l'Italia che lavora,
l'Italia che si dispera, l'Italia che si innamora,
l'Italia metà dovere e metà fortuna,
viva l'Italia, l'Italia sulla luna.
Viva l'Italia, l'Italia del 12 dicembre,
l'Italia con le bandiere, l'Italia nuda come sempre,
l'Italia con gli occhi aperti nella notte triste,
viva l'Italia, l'Italia che resiste.

Nessun commento: