Ritratti è un'album del 2004 Francesco Guccini..Ritratti perché si parla di persone:Ulisse,il Che,Carlo Giuliani,Cristoforo Colombo, la zietta,la moglie,se stesso,ma ognuna di queste canzoni non è altro che l’occasione per fare i conti con varie storie,con diverse urgenze di dire macchiate di passioni civili,culturali,personali. Guccini è Guccini e un suo cd dovrebbe portarlo scritto: “Guccini inside”,come l’Intel ama marchiare i suoi computer.Per non correre rischi,per tenere lontani i non appassionati,i non-aderenti al culto del maestrone di Pavana.
Le traccie,in “Cristoforo Colombo” si vede il grande esploratore come essere umano non come figura storica. Una chitarra gitana accompagna il racconto in modo molto efficace così come lo splendido piano che le dona un bellissimo tono epico. “Sarà forse una assurda battaglia ma ignorare non puoi ,che l’assurdo ci sfida per essere fieri di noi. Quante volte ha sfidato il destino, aggrappato ad un legno”. C'è anche spazio per una critica alla attuale società americana con un chiaro riferimento alla tragedia dell 11 settembre
Ma come negare la pregnanza e l’importanza di “Piazza Alimonda”?Secondo me è il pezzo più importante di questo disco,e si aggiunge a alla lista dei suoi classici,ormai lunghissima,insieme ai vari “Cyrano”,“Eskimo”,“Amerigo”,“La Locomotiva” ecc..,Guccini parla della morte di Carlo Giuliani senza mai nominarlo, ne parla attraverso gli occhi della Genova che ospita l’evento,una Genova ingabbiata da eccessi provenienti da ogni parte.Guarda i fatti con gli occhi di uomo che osserva la follia della società moderna.
”Uscir di casa a vent’anni è quasi un obbligo, quasi un dovere, piacere di incontri a grappoli, ideali identici essere e avere. La grande folla chiama, canti e colori grida ed avanza, sfida il sole implacabile , quasi incredibile passo di danza. Genova chiusa da sbarre, Genova soffre come in prigione, Genova marcata a vista attende un soffio di liberazione. Dentro gli uffici uomini freddi discutono la strategia e uomini caldi esplodono un colpo secco, morte e follia. Si rompe il tempo e l’attimo per un istante resta sospeso, appeso al buoi e il niente poi l’assurdo video ritorna acceso. Marionette si muovono cercando alibi per quelle vite.”
Non ci sono accuse ma solo dolore in queste parole.
Difficile non emozionarsi.
Poi come prende,maledettamente prende,la vicenda di Che Guevara,narrata attraverso le parole del protagonista,riviste da Manuel Vazquez Montalban e rese in italiano da Guccini:”Signor Colonnello, sono Ernesto il “Che” Guevara /Mi spari,tanto sarò utile da morto come da vivo”.E come è possibile trattenere un brivido,quando anche la musica passa a chiedere il suo tributo?
Bellissimo il testo di “Certo non sai”: “Certo non sai quanto sei dolce e bella quando dormi/ coi tuoi capelli sparsi e abbandonati sul cuscino/ neri e lucenti come degli stormi / in volo al chiaro del mattino” … “Forse non sai quando di sonno e notte sei bagnata / quanto ti ami e quando siano vuote le parole; / chiedo: “Che sogni ti hanno accompagnata?”/ e fuori il giorno esplode al nuovo sole”....
“La tua libertà” è un pezzo delle sedute di registrazione di “L’Isola non trovata” o di “Radici” e si sente sia come resa sonora (è proprio la versione del 1971 quella incisa su disco)sia come temi e modo di cantare.E proprio per questo è bellissima! All’inizio degli anni ’70, non a caso,Guccini ha scritto le sue canzoni migliori. Questa(e infatti è rimasta “sepolta” per trent’anni), ma viene dalla stessa vena ispirativa di “Piccola città” o “Un altro giorno è andato” o “Incontro” o “Canzone di notte”.Una bella e solida canzone del Guccini di trent’anni fà.
“Una canzone” che, a dispetto del titolo, non è una canzone, ma un saggio su come si scrivono canzoni.Saggio puntualmente messo in musica: “La canzone è una penna e un foglio / così fragile tra queste dita /…/ La canzone è una vaga farfalla / che vola via nell’aria leggera / una macchia azzurra, una rosa gialla / un respiro nel vento la sera / una lucciola accesa in un prato / un sospiro fatto di niente” … “Però alla fine è fatta di fumo / veste la stoffa delle illusioni / nebbie, ricordi, pena, profumo / sono tutto questo le mie canzoni”. Bella, molto bella: poco canzone, ma bella.
“Vite” è invece il classico pezzo gucciniano con un perfetto equilibrio di malinconia e intensità che sembra caratterizzare tutti questi ritratti,riguardo ai quali lo stesso autore ha affermato di aver fatto molta più attenzione alle parole rispetto al passato.
Poi Odysseus e La żiatta ....
Un disco che si lascia ascoltare,che affascina e coinvolge,che ci ripropone l’amico di sempre,il cantastorie di una vita,ancora intriso della capacità di indignazione, rabbia ed epos:il grande vecchio Francesco Guccini.
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