“Ognuno di noi è una folla e chi scrive storie riassume dentro di sé un piccolo chiasso di presenza. Ognuno di noi è un se stesso pieno di persone. Con gli anni ci si rassegna a essere un’identità sola, rispondere di sé solo con un nome, ma per disturbo di crescita o per virtù, chi narra conserva intimità con la propria consistenza numerosa”(ERRI DE LUCA)
Ho appena terminato di leggere Aceto Arcobaleno di Erri De luca,autore che mi stà appassionando sempre di più...De Luca avverte, pungente, la particolare “solitudine troppo rumorosa” e la carta sotto la sua penna diventa specchio in frantumi dove l’io si riflette moltiplicandosi per dar fiato alle voci di dentro.Nato in mezzo
al secolo e in mezzo al Mediterraneo,all’interno di una stanza di libri,ne respira la polvere godendo dell’atmosfera isolante,quell’atmosfera in grado, poi, di condurlo allo scrivere “per istinto di clausura e per opposizione, per difesa, per cattivo carattere, insomma, perché chiuso”. Le pagine porose: confidenti discrete alle quali,spudorato, racconta “i fatti suoi”, le storie della Napoli anni cinquanta e la genesi delle rughe che solcano i ricordi,con l’inchiostro a dare il là ad un canto che è biografia, vita impressa e nascosta tra le righe
Il protagonista,di questo libro è un eremita dai capelli ormai bianchi, rianima una sera tre figure di amici di gioventù. Il primo è stato terrorista e poi muratore in Francia: rievoca il primo assassinio commesso dal complice-amico. Con intensa drammaticità parla della violenza. Il secondo ha scelto la strada della vita religiosa che lo porterà in Africa, dove uomini, animali e cose hanno “il sapore dell’aceto” e per questo del dolore. Il terzo è un vagabondo, sempre provvisorio, di passaggio in un’esistenza che non dà requie. Violenza, dolore e vagabondaggio sono elementi comuni a tutti i tre personaggi che, nel loro insieme, compongono un affresco amaro e profondo della condizione umana dell’ultimo ventennio
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